LA STORIA DEL GRUPPO





Il nome di Monghidoro

Chi sperasse di leggere notizie storiche sul nome di Monghidoro, si sbaglierebbe; non vi parlo della sua origine, del perché questo paese sia stato battezzato così; io vi voglio dire un'altra cosa: Monghidoro fu un tempo per me, un nome "con l'oro in fondo". L'oro delle favole, l'oro delle cose più belle. Chiudevo gli occhi e vedevo come una scia di luce, tante lettere tonde e luminose, che mi parlavano del sole dell'estate, dei campi gialli di grano, delle strade bianche nella luce di mezzogiorno.

Vedevo i gloriosi tramonti dorati e rossi sulla terra che si faceva bruna e silenziosa.

Vedevo gli ottoni luccicanti della banda il giorno di Santa Maria (15 agosto), quando ondate felici di musica si riversavano sul paese in festa. Oro delle ginestre arrampicato sui sassi, oro delle foglie che ingialliscono d'autunno, delle pannocchie di granoturco stese a seccare...

Vedevo un nome "con l'oro in fondo ... "
Monghidoro.

(E.C.)

Come mai gli Alpini a Monghidoro, sull'Appennino?

"Quando l'esercito italiano ebbe bisogno di rafforzare e completare i reparti alpini, ampliò le zone di reclutamento lungo la dorsale dell'Appennino settentrionale. E anche Monghidoro vide partire i suoi giovani figli per prestare il loro servizio alla Patria. E questi giovani ne tornarono fieri: avevano imparato che fare l'Alpino era considerato titolo d'onore per tutto quello che di buono, di bello, di generoso, di forza interiore, di cameratismo sano e vivo questo corpo offre, assieme alle fatiche di un servizio militare svolto spesso in condizioni disagiate."

(Da "Canta che ti passa" 4 ottobre 1987)


Denominazione Capo Gruppo Periodo
GRUPPO MONGHIDORO FERRUCCIO SAZZINI 1934-1938
PLOTONE MONGHIDORO FERRUCCIO SAZZINI 1938-1943
GRUPPO MONGHIDORO RAFFAELE ROSSETTI
GUIDO GAMBERINI
1962-1969
1969-1977

Il Gruppo si costituisce probabilmente all'indomani dell'Adunata Nazionale di Bologna nel 1933. Lo si ritrova infatti nell'organico del 1934 ed ha come Capogruppo Ferruccio Sozzini. Monghidoro é alle dirette dipendenze della Sezione e così sarà anche nel 1938, con la costituzione della "Compagnia Bologna". Il Gruppo, sciolto nel corso della guerra, si ricostituisce il 4 novembre 1962 con un imponente raduno. In quegli anni è giunto a Monghidoro un umile frate cappuccino, Padre Edelweiss, già Cappellano militare alpino, dal 1940 al 1945, reduce dal fronte russo. Questa figura diviene presto notissima presso tutti i Gruppi e, dal 31 luglio 1970, per iniziativa dell'allora Presidente Trentini, viene nominato Cappellano di Sezione.



L’ALBA




Nel 1952, racconta Rossetti Raffaele, il Colonnello E. Luigi Campari ci invitò al "Casale". Andammo io, Milani Adelmo e Benni Antonio. Papà Campari ci chiese di formare il Gruppo Alpini Monghidoresi. La nostra risposta fu negativa perché non avevamo il "concetto" e la preparazione per costruire il gruppo.

L’anno successivo Campari morì. E il "desiderio" si perse nel silenzio.

Raffaele Rossetti



Col. Luigi Campari

Papà Campari: "uomo dal largo, bonario, gioviale sorriso immensamente buono ed immensamente forte"

La scelta del nome da dare al gruppo cadde subito sul Colonnello Luigi Camparí, figura insigne "di uomo bonario, onesto e grande alpino", caro ai monghidoresi.

Lui stesso alla fine della sua vita affermava: "Dei ventotto anni trascorsi nell'esercito italiano tutto si è perduto e cancellato nella mia mente. Ricordo solo la mia penna nera, i miei alpini, l'onestà della mia fede".

Nato a Monghidoro da famiglia contadina - era infatti "contadino onesto e laborioso che seppe comandare ed obbedire, che amò la Patria e la famiglia, che sempre rivolse il suo pensiero e la modesta opera sua al bene d'Italia e di Roma, di Cristo e degli Italiani" - a 20 anni si arruolò nell'esercito come ufficiale di carriera.

In seguito fu trasferito a Pieve di Cadore che sentì sempre come la sua seconda patria, a tal punto che durante una delle sue ultime adunate a Cortina disse: "... e che cosa sarebbe più bello per me morire quel giorno, in mezzo agli Alpini di tutte le guerre, lassù nel mio Cadore?".


Col. Luigi Campari


Fu comandante di presidio per tanti anni al caserma Tai di Cadore. Combatté in quella che fu definita "la Grande Guerra", cioè quella del 1915-'18 rimanendo nell'esercito fino al 1942, quando a causa di una malattia fu congedato.

L’amore per la patria, il suo senso dell'onore e del dovere lo spinsero comunque, il 29 marzo 1942, a scrivere al Ministero della guerra per tentare di far mutare la decisione di considerarlo inabile al servizio. Tale richiesta rivela, accanto a forza morale, tanta tristezza.

"L’esercito era per lui la vita, e i soldati suoi figli e fratelli, essi stessi infatti lo chiamavano affettuosamente papà Campari oppure capitano, con il "celebre", famoso suo grado di guerra, perché Campari era veramente "il capitano" nel senso antico della parola, del comando e del prestigio!

E perché anche "capitano" corrisponde alla compagnia che per l'Alpino è tutto, perché tutto esprime e nessuno: la Patria, la famiglia, il dovere, gli affetti, i sacrifici, la gloria e spesso, molto spesso l'eroismo.

"Era uomo dotato soprattutto di grande forza morale e di umanità."

Aveva un grande cuore, era molto sensibile, un po’ poeta."
Aiutò molti che non erano abili al servizio per motivi fisici o familiari ad ottenere il congedo.

"Se fossero presenti quelli che sono stati aiutati da lui per evitare il fronte si potrebbero formare dei nuovi battaglioni."

Aveva il senso del dovere, della famiglia, della Patria, ma non amava la guerra. "La devozione alla Patria, l'obbedienza alle leggi, il rispetto ai cittadini, deve essere sentito come senso della propria dignità, non come soggezione."


Leggiadria di colori

Ettore Luigi Campari, nell'autunno 1946 da Monghidoro inviava all'amico Aldo Valmassoi questi versi dai quali traspare una nostalgia del Cadore lontano, di una terra in cui l'autore visse tanti anni come ufficiale degli alpini e dove raccolse tanta stima e tanti detti da parte della popolazione.

Tutto un leggiadro quadro di colori
Con i merletti d'ombre e sfumature
Una fatata vision ch'eleva i cuori'
Tripudio di bellezze imperiture
Spettacolo sfolgorante, troppo breve
Brillano l raggi sulla bianca neve
La Croda Bianca sale verso il cielo.

Dante Virgilio tenendosi per mano
La sposan al Cimon che pien di gelo
Guarda l'Antelao ergersi lontano.

Degrada la Val d'Oten verso il Piave.
Sale dal bosco un'armonia soave
Pallido appar eppur così possente
Il Cridola mastio del castel turrito
Di Talagona, che sal leggiadramente
Colle sue guglie verso l'infinito,

Scorre mormorando l'epica canzone
Il fiume sacro all'italica legione.

Adagiarsi nel colle superbamente
E antica Pieve, regina del Cadore.
Invitto baluardo all'irrompente
Malvagità di ogni ciurmadore.


E venne un frate

A Monghidoro sta per accadere qualcosa di nuovo. Si sente nell'aria. Le vecchiette sull'uscio fanno i loro pettegolezzi quotidiani: «A iò sintù dir c'l'ariva un fré nov». «Dabòn? A steven acsé ben ... ».

E' un paese povero Monghidoro, dove si sente ancora l'eco lonta-na di una guerra, dove la gente ha paura delle novità, dove i giovani devono combattere con gli anziani per liberarsi dei vecchi pregiudizi, per sentirsi davvero giovani, per cambiare in qualche modo il loro paese, per renderlo più vivo, ma sono giovani, sono inesperti, non hanno una guida a cui appoggiarsi, qualcuno che li aiuti, per cui rinunciano spesso a combattere.

E' un paese tranquillo Monghidoro, troppo tranquillo per essere felice.

Le vecchiette guardano stupite la macchina che si ferma, il frate che scende: «Et vest ca iaveva rasan?», mormora una... Nessuno l'ascolta. Tutti guardano il nuovo frate e lo squadrano dall'alto in basso... c'è chi l'ha già giudicato: «Che faza da malegn cl'ha!».

E’ arrivato il nuovo frate... Gli sguardi diffidenti della gente lo hanno accolto, ma lui fa uno sforzo per non accorgersene, per continuare a sorridere. 1 giovani hanno capito che è arrivato chi li può aiutare e gli vanno incontro.

Il frate ora è sicuro, sa di avere i giovani dalla sua parte e sa che con il loro aiuto riuscirà a vincere e a conquistarsi la fiducia di tutta la gente.

Fu così che venne un frate, pochi lo volevano, eppure lui riuscì a far molto per Monghidoro, riuscì a farne un paese vivo, felice, unito, conquistandosi la stima di tutti... divenne l'amico dei vecchi, la guida dei giovani, l'Edelweiss degli Alpini.

(A.V)

Un frate cappuccino
Quattro stelle alpine
Sessanta mantelline
e nasce il gruppo alpino


"Fu così che... una lettera vidi arrivar. Sarà forse ... "

No, non era la "morosa", ma il P Edelweiss che chiamava "a rapporto" tutti coloro che, dai registri di leva, risultavano assegnati al Corpo delle Truppe Alpine, per costituire a Monghidoro il Gruppo delle Penne Nere.

Fu una ricerca lunga, paziente, faticosa... e "la fatica è nel prezzo".

Sessanta risposero subito favorevolmente alla chiamata. Il cav. Giovanni Bassi e Cesare Bortolotti furono gli inviati dal Consiglio della Sezione Bolognese-Romagnola per concordare la prassi e dareil via al nuovo Gruppo Alpino.

Scelto il giorno, 4 novembre 1962, iniziarono immediatamente i preparativi in cui furono impegnati Alpini, donne e le varie Branche scouts/Guide... per vivere un avvenimento indimenticabile.

Non c'era tempo da perdere... Un grazie, un sorriso, una stretta di mano e tutti al lavoro.


Aprite le porte

Aprite le porte
che passano, che passano,
aprite le porte
che passano i baldi alpin!

Freschi e bei senza schei bei putei







Quando sorge il sole








Era una notte che pioveva...
La sera prima di una inaugurazione, come si sa, è sempre intensa: preoccupazioni, ultimi ritocchi, emozioni...

"Erano le 11 di sera, Pio Fabbri dava il colore: Franca cuciva e Padre Edelweiss imbottiva le stelle alpine. In piazza la tromba squillava il silenzio fuori ordinanza. All'improvviso un temporale ci privò della luce elettrica; non c'era da preoccuparsi, eravamo in canonica. Il Padre scese in sacrestia a prendere dei ceri rossi, quelli per il santissimo, in quanto illuminavano di più e potevano essere posti al centro del fiore, nel posto del pistillo.

Finimmo alle 1,30. Nell'aria ondeggiava il canto di qualche Alpino ancora in "libera uscita"... mentre l'eco ripeteva: ... torna al tuo posto sotto la tenda a riposar"."

Pio Fabbri (1905 1980)
Uno dei fondatori del "Gruppo Alpini" che caldeggiò la Baita ma non la vide neppure nascere.

Pio,
quando a Dio piacque che arrivassi 'al mondo
già qualcosa nel fondo aveva messo che avresti
poi portato per la vita: una dolcezza grande,
una infinita passione di donare te stesso alle persone
Mite, nel tuo silenzio, ricordiamo la mano tesa
nel fraterno impegno, lo spirito che degno ti faceva
d'essere primo al fondo della fila con la schiva
figura sempre pronta ad altri doni.
Meravigliosi e buoni questi esempi che ci hai
lasciati con il tuo partire, il nostro amore fanno
rifiorire di gemme come eterna primavera nella
vera speranza.

P.E.

Pio, ci manchi': si era diventati un cuor solo.
E tu eri l'anima del nostro "Gruppo Alpini'".
Ti ricordiamo in riconoscenza.
Quell'ultima stretta alla moglie, prima di
andartene, continua ed è anche per noi.
Arrivederci nel paradiso di Cantore!

Rossetti e Gamberini




A.N.A. - GRUPPO "L. CAMPARI"

ADUNATA DELLE PENNE NERE
MONGHIDORO

4 Novembre 1962

Prima Adunata Alpini
dell'Appennino Tosco-Emiliano-Romagnolo.

Veci e Bocia a Monghidoro

Alpini, il giorno 4 Novembre
Monghidoro vi attende in massa
a ricomporre i vostri Battaglioni e Reggimenti,
a commemorare il nostro "Papà" Ettore Luigi Campari,
a porgere il riverente omaggio ai nostri eroici Caduti
di tutte le guerre.
Ammassamento truppa, inizio sfilata, posa prima pietra
al monumento dei Caduti di tutte le guerre.

Benedizione gagliardetto.
Mostra storica cimeli di guerra.




"Le mantelline erano un tempo l’indumento invernale degli alpini. Avrebbero dovuto servire a proteggere dal freddo e dalle intemperie, non solo in pace ma anche in guerra. Portarle alle adunate vuole essere un segno di ricordo del passato."


Ti voglio così

Dal fondo di un magazzino di una vecchia caserma mi hai
tirato fuori.
Ero consunta ed ammuffita.
Ogni giorno vi avevi lasciato una traccia.
Quanta storia abbiamo fatto insieme!
Quante volte ho coperto le tue spalle e tu mi accompagnavi
per tutto il cammino.
Non temere la pioggia che scorre, né il vento che soffia
sul tuo viso, io ti' proteggo.
Non aver paura del freddo delle lunghe notti d'inverno
quando intirizzisce le mani o congela i piedi, sono io
il tuo calore.
Ti facevi fasce per chi era ferito o "bianca mantellina"
per la Penna mozza.

Mia cara mantellina, oggi ho ancora bisogno di te.
Sei la mia vecchia compagna. Anche se sporca e fuori moda,
ti voglio bene e ti voglio così.


E’ bello ricordare quel giorno

Quando mi è stato chiesto di scrivere qualcosa sulla prima festa degli Alpini a Monghidoro, la mia prima preoccupazione è stata quella di ricordare la data, i particolari: quanti erano i partecipanti, come si è snodata la giornata, a che ora è stata la sfilata. Poi, ripensandoci, mi sono detta che tutto questo non ha, in realtà, molta importanza.

Oggi è certo più importante, almeno a parere mio, richiamare alla memoria altre cose: gli intensi preparativi, con la preoccupazione di ben figurare, di non fare le cose in modo approssimativo. Ore passate a confezionare le bandiere, le piccole coccarde tricolori da distribuire, i manifesti da far stampare, le persone da invitare... tanti ragazzi e ragazze coinvolti in quel segreto lavorio da alveare, in cui si mescolavano la serietà dell'impegno e le belle chiacchierate che nascevano mentre le mani erano impegnate. Tante cose, tutte nuove, di cui occuparsi, con l'augurio e il puntiglio di essere all'altezza.

Poi... il gran giorno! "La nebbia", mi ricorda padre Edelweiss.

La nebbia, che poteva rovinare tutto, ma non impedì certo agli Alpini di arrivare a Monghidoro, in tanti (qui ci vorrebbero dei numeri, ma io non li ho, e, in fondo, non mi interessano) fin dal primo mattino; arrivarono, col freddo di un improvviso autunno, felici di ritrovarsi, di riconoscersi nonostante il tempo fosse trascorso; arrivarono anche i muli, pazienti e dolci, "parcheggiati" vicino alla farmacia, spettacolo nuovo per tanti bambini che non li avevano mai visti.

Le finestre si illuminarono delle bandiere, e le ragazze si sparpagliarono tra la folla, con le loro cestine di coccarde.

Poi, la sfilata, commovente, solenne nelle tranquille strade di Monghidoro tanto quanto lo sarebbe stata nelle monumentali strade di una grande città; discorsi, applausi, penne nere in fila e infine... penne nere ovunque.

Famiglie di Alpini che facevano conoscenza o che si ritrovavano, risate vicine e lontane, abbracci, qualche vuoto, qualcuno che non poteva più sfilare con gli altri, ma certo era li, nell'aria ungente, vicino e presente, perché un vero alpino è sempre e comunque là dove sono gli altri alpini.

Un vago odore di "rancio" e di grappa colorava l'aria, mentre i bambini correvano qua e là, molti col prezioso cappello in testa; canti intonati e stonati si alzavano, mentre il giorno si spegneva tranquillo e i cestini delle coccarde, ormai vuoti, rientravano in Sede; un sospiro di gioia, all'imbrunire: tutto era andato bene, tutto aveva funzionato.

In realtà non era solo questo, non soltanto una festa ben riuscita; a ripensarci adesso, dopo trenta anni, ci si accorge che l'essenza di tutto era quel coinvolgimento totale, quel lavorare tutti insieme, ragazzi e anziani, Alpini e simpatizzanti; la vera festa era Pi: il trovare un punto comune di entusiasmo, capace di far muovere anche i pigri, di risvegliare quei certi sentimenti di comunione tra diversi, anche, perché no, quel recuperare un sopito amor di patria, sentito come condivisione di speranze comuni e di ricordi da spartire e tramandare.





Il proverbiale spirito di corpo degli Alpini, unito all'entusiasmo e alla voglia di fare di alcuni, compì il prodigio di aggregare tante persone, di coinvolgerle e trascinarle è, d'altra parte, il lavoro e l'impegno di tanti l'entusiasmo di qualcosa di totalmente nuovo per Monghidoro galvanizzò gli Alpini e dette loro lo spunto per vivere e animare una vera festa, senza contrasti, senza delusioni.

Oggi, quando tutti ci sentiamo un po' spenti, vuoti di ideali, è bello ricordare quel giorno e nel dire "c'ero anch'io" forse ci riuscirà di ritrovare la spinta per fare ancora qualcosa di bello tutti insieme.

E.C.


"Il mulo è sempre stato un fido compagno che portava nei posti più avanzati viveri e munizioni: paziente, accettava tutti i carichi. E accanto al mulo bisognava ricordare 'il conducente': vivevano in simbiosi."


Primi passi: Genova 1963 La prima volta che sentimmo di esistere come Gruppo fu in occasione dell'Adunata Nazionale a Genova. E fu d'obbligo: "la rivista al corredo". Non tutti avevamo il cappello alpino. 11 Padre, attraverso gli alti comandi militari, era riuscito a reperirli e, per l'occasione, a distribuirli a coloro cui il tempo aveva tolti.


Da allora anche i nostri contatti con la sezione Bolognese - Romagnola, che aveva sede in via S. Vitale 13, furono più frequenti e costruttivi.

Il "comando tappa" del nostro Gruppo aveva trovato ospitalità in canonica. Qui P. Edelweiss aveva, per noi, allestito un locale meraviglioso, stile rifugio alpino. In un angolo spiccava l'immagine di papà Campari, il suo cappello, gli sci, la piccozza, la corda storica servita per la conquista del Passo della Sentinella (1915-'18), lo zaino ed altri oggetti - ricordo. Egli ci parlava spesso degli Alpini, di questi meravigliosi eroi della montagna, e, alle nostre manifestazioni ci presentava qualche personalità militare, in modo da stimolare e far rivivere in noi quello spirito alpino che il tempo e gli avvenimenti avevano quasi assopito.

E così, ogni anno, fino al dicembre del '69, venne organizzato a Monghidoro un raduno intersezionale delle Penne Nere. E ogni anno P Edelweiss riusciva a coinvolgere persone generose atte a costruire le sempre diverse coreografie, rispondenti al sempre nuovo tema dell'incontro.


Al ciel sereno ci tocca riposar

E ti ricordi l'adunata nazionale di Genova del 1963?

Alberto Maiorelli e Marchettí, detto "battoccio", dormirono nell'atrio della stazione, su una panca e, per non farsi derubare delle scarpe, una la tennero al piede e l'altra sotto la testa... Reminiscenze di naja... Il giorno dopo, all'ammassamento, ci dissero di aver dormito bene e di sentirsi in ottima forma per la sfilata.



"Ce ne manca uno"

Si fa sera. Ultimi saluti ed abbracci e... pronti per il rientro. Cattani G. non rispone all'appello. Si fanno delle ricerche, lo chiamano con l'altoparlante, ma inutilmente. L'allegra compagnia riprende la via del ritorno con un po' di amarezza nel cuore. E lui, l'Alpino Cattani?! Eccolo il giorno dopo, alle ore 10,00 presentarsi in piazza Ramazzotti, felice ed entusiasta perchè aveva ritrovato un caro amico di naja e quindi non ci fece sentire responsabili dell' accaduto.


Trofeo Alto-Appennino

"Per un soldato che ha bisogno continuamente del pieno dominio delle proprie forze, l'attività sportiva è di primaria importanza, lo sport rappresenta una esigenza insopprimibile in considerazione degli ostacoli che deve superare.


Lo sport quando non è semplice esercizio individuale diventa una scuola di convivenza, che fa imparare a vivere con gli altri, che abitua alla disciplina, che crea il senso della squadra intesa come fusione di valori spirituali, morali e fisici!"*

Per questo motivo, noi partecipammo alle gare di sci alpinistico a pattuglie...

*Da "Canta che ti passa" febbraio '68.


A loro

"... No disse il Piave, No dissero i Fanti
mai più il nemico faccia un passo avanti.
Indietreggiò il nemico fino a Trieste, fino a Trento
e la vittoria sciolse le ali al vento!"

A Monghidoro esisteva un piccolo, misero monumento composto da 4 formelle dove venivano riportati il bollettino di guerra di A. Diaz e il nome dei caduti della I Guerra Mondiale.

Occorreva farne un altro che fosse veramente degno dei nostri morti.

Il 4 novembre 1962, in occasione della inaugurazione del gruppo alpino venne posta la prima pietra di Piazza Ramazzotti.

Avuta l'approvazione del Comune, fu creato un comitato che doveva gestire la realizzazione dell'opera.

Coscienti del fatto che "è giusto che coloro i quali per l'Italia hanno fatto il supremo sacrificio, abbiano una sepoltura decorosa, un ricordo imperituro e il cristiano suffragio per la celeste gloria", ci impegnammo con generosità e tenacia.

Il monumento fu inaugurato il 13 ottobre 1968 in occasione del cinquantenario di Vittorio Veneto.

Monumento ai caduti di tutte le guerre in Piazza Ramazzotti a Monghidoro promosso e ricostruito per iniziativa del Gruppo Alpini di Monghidoro, in collaborazione con l'Amministrazione Comunale, Inaugurato il 13 Ottobre 1968


Dal Piave all' Arno

Le cosiddette calamità naturali sono per molti motivo di lutto, di disperazione, ma anche il momento in cui l'uomo dimostra di essere non solo per se stesso, ma anche per gli altri. Non si può rimanere indifferenti al grido di dolore che si innalza attorno al nostro tranquillo e sereno quotidiano. Ci sentiremmo diminuiti della nostra umanità se non facessimo qualcosa!

La montagna era là, lucente al sole, imponente, presaga di quanto di lì a poco sarebbe successo.

Poi più nulla: il sole scomparve, si fa buio intorno.

Acqua, ovunque acqua,... e fango.

Immediati i soccorsi. Si aprono sottoscrizioni in denaro da portare ai sinistrati. Un incaricato siede alla porta della cononica, sede del gruppo alpini e sollecita quanti passano di lì a contribuire per aiutare i fratelli meno fortunati!
E la gente risponde.

Un attestato di benemerenza viene consegnato nel 1964 dal Ministero della Difesa all' Alpino Antonio Gualandi di Monghidoro, per i servizi prestati nella zona del Vajont nell'ottobre del 1963.




Fazzoletto verde in piazza S. Petronio

La piazza S. Petronio era diventata punto d' incontro per tutti, non solo per lo splendore artistico, ma per la trasformazione subita in occasione dell'Adunata Nazionale Alpini ('68).

Il centro di Bologna si presentava come un grande prato verde, ricoperto di muschio e di fiori primaverili; qua e là qualche cespuglio abbarbicato tra grossi sassi o spuntoni di roccia. Sullo sfondo una pineta che emanava profumo di resina, e al centro una cappellina stile montagna e baita in legno.

Raccoglieva e difendeva... quel fazzoletto verde, uno steccato di legno.

A sud, tra un grosso masso e un vecchio pino iniziava un sentiero che accompagnava il visitatore alla baita arricchita, all'interno, di foto e cimeli storici di guerra.

La realizzazione di questo angolo dolomitico è stata possibile per la creatività di Padre Edelweiss, la dedizione dei suoi Alpini e l'amore per la natura degli scouts/guide di Monghidoro.


"Non ti ricordi quel mese..."

Era una domenica di luglio. Rossetti Raffaele radunò il "plotone" di volontari Alpini, suggerì la necessità di un ponte al Mulino del Mazzone, assegnò ad ognuno il suo compito e subito tutti al lavoro.




Soltanto il genio e la generosità di quegli uomini avvolti da una luce solare che accecava, poteva portare a termine un'opera che univa 3 case: il Mulino, la Villa Immacolata e la Chiesetta.

E così la realizzazione (apparentemente impossibile) del ponte, darà la possibilità a molti ragazzi di trascorrere liete vacanze "tra boschi e valli d'or", all'amico Galli di non sentirsi più solo, e, più tardi, agli Alpini di "Scaricalasino", di trovare provvisorio rifugio per i loro frequenti incontri.

Sarà ancora quel ponte che spingerà il villeggiano, chi è stanco o le stesse Penne Nere, a sostare ai piedi di una grotta, per invocare, dalla "Signora delle nevi", quella luce che non si spegne.


Ricordo di un caro amico

"Gran parte della sua vita l'ha vissuta in solitudine, amante com'era della sua libertà, ma la gente faceva la processione per andarlo a trovare.

Aveva memorizzato 150 anni di storia della sua vallata ed era una soddisfazione ascoltarlo perchè faceva rivivere quanto raccontava. Ma non parlava mai male di nessuno. Imparentato con la generazione dei Galli vide bene che il loro "palazzo" alla loro morte, passasse all' Istituto S. Caterina di Imola, che lo strutturò per il soggiorno estivo dei ragazzi.

E Tonino Galli, in qualche modo, fece famiglia con loro. E i ragazzi stavano volentieri con lui e, fatti grandi, usciti dall' Istituto, amavano fargli visita, sempre accolti come fossero stati della sua famiglia.

Ora Tonino Galli riposa nel cimitero di Monghidoro, in faccia a quella valle che tanto ha amato in vita, ancora vicino ai suoi amici di Piamaggio e Monghidoro, nel desiderio inespresso che in loro si prolunghi nel tempo il suo ricordo in un'amicizia che rifiuta il tramonto."


"...Tra i ghiacciai dell' Adamello..."

Dopo ore di lungo cammino, ci si ferma in un piccolo spiazzo roccioso ricoperto di cespugli e di erba secca. "Guarda lì il nostro fradeo",- grida P. Edelweiss. "Per la miseria" risponde Rossetti, "quello è un musso vecio e affamato..."

Quell'incontro e quella sosta danno gioia e sollievo alla nostra fatica. Ci avviciniamo al mansueto animale: una carezza, un abbraccio, un pezzo di pane. E questi gesti umani diventano bontà, amicizia, fratellanza. Poi... la foto-ricordo e si riprende la marcia, arricchiti del pelo dell'animale vecchio e denutrito che, commosso, ci accompagna con lo sguardo fin dove uno spuntone di roccia, ricoperta di candida neve, ci separa per sempre. "Ciao fradeo caro..."


"Il mulo dell' Alpino"

Tre volte cadde sulla mulattiera,
poi la mitraglia al suolo l'inchiodò;
nell'occhio spento c'era una preghiera
il conducente in pianto lo baciò.

V. Sgarzi 01/05/1997



Cambio di guardia

"Ciao, Padre Edelweiss, ti hanno tolto da Monghidoro a cui avevi dato anni di attività appassionata e fondata su quella purità di intenti che è il tuo segno distintivo e che traluce nel tuo sguardo, per chi ne sa capire la profondità.

Hai dato tutto agli alpini come ai fedeli che ti erano stati affidati, ma qualcuno non ti ha capito, e tu sei partito da Monghidoro con tanta tristezza nel cuore così come noi ti abbiamo salutato con altrettanta tristezza. Ma noi siamo certi che tu a Monghidoro ritornerai. E se anche le vicende umane ti dovessero ad quel caro paese tener lontano, la tua operà continuerà perchè profondo è il solco che tu hai tracciato, nè il tempo o l'indifferenza possono soffocare la forte pianta che da questo solco è scaturita.

Così ci piace salutare Padre Edelweiss, al quale nel corso di una commovente adunata a Monghidoro, presente anche la bella barba di padre Policarpo, abbiamo dato un caro ricordo."


C.G.


Quando parte un amico rimane tanta tristezza nel cuore soprattutto quando si sono condivisi molti momenti: belli e brutti; ...ma la lontananza non sempre significa abbandono, anzi spesso si è vicini pur lontani.


Nel 1969 il gruppo alpini di Monghidoro perde la sua guida, "la persona che ci aveva uniti, colui che pensava sempre a tutti e a tutto". Padre Edelweiss, infatti, viene trasferito a Schio. E' naja, osa mormorare qualcuno. Gli succedono: Gamberini Guido capogruppo, Galetotti Sergio vice-capogruppo e Rossetti Raffaele furiere.

"Da allora le adunate sono diventate per noi un tour de force; capimmo che cosa significava essere organizzatori e responsabili di un gruppo."


Il furiere alpino


Che dire di lui, addormentato sopra la scrivania, il suo regno...

Il suo impegno è noto a tutti i soldati.

E' una persona responsabile, che tutti rispettano... è il furiere alpino.

E' attento, vigila, consiglia; quando suona il telefono è lui che corre con l'entusiasmo di un bambino...

Elargisce consigli, accoglie le idee di tutti.

E' il furiere alpino che coordina le operazioni per le uscite di tutta la compagnia degli alpini.

Quando tu, alpino, cercavi qualcuno che ti aiutasse, correvi da lui, perchè sapevi che in lui non c'era solo la figura del militare, ma anche l'animo dell'uomo.

Che fede aveva il furiere alpino!

Tu, alpino, lo ammiravi anche per la sua perenne gioia... ma quanta stanchezza leggevi nei suoi ochhi quando, a tarda sera, gli auguravi la buona notte!

Il furiere alpino sente il lamento e l'amarezza di chi soffre perchè non ha trovato nelle piccole cose la gioia di esistere...

Quante lacrime ha asciugato il furiere alpino, lacrime di chi piange ricordando chi non è tornato.



4 Novembre

Ogni anno il Presidio Militare di Bologna indiceva un concorso a premi per le vetrine più significative sul tema "La Grande Guerra".

L' A.N.A. di Bologna deriva alla simpatica iniziativa affidando l'incarico a Pio Fabbri e P. Edelweiss, coadiuvati da alcuni Alpini di Papà Campari.

Per l'originalità e il profondo messaggio, ogni anno la vetrina degli Alpini della sezione Bolognese-Romagnola si classificava al primo posto.

Erano proprio brave quelle Penne Nere!

Anche questo significava gratitudine e amore.


"... O con le scarpe, o senza i miei Alpini li voglio qua..."

Non possiamo dimenticare coloro che hanno dato la vita per la nostra patria, come non si può passare oltre alle infinite sofferenze di tutti coloro che, soprattutto nella campagna di Russia, hanno compiuto il loro dovere fino alle estreme consegurenze.

"E' la storia di tre divisioni, la Julia, la Cuneense e la Tridentina, è la cronaca di una drammatica marcia tra le nevi della steppa, una marci apiena di combattimenti, irta di difficoltà, terribile per il gelo..."

Da questa precisa volontà nasce il 5° raduno interregionale delle Penne Nere a Monghidoro, l'11 settembre 1966 e la serata in omaggio alle "Penne mozze" il 30 gennaio 1968, nel venticinquesimo della battaglia di Nikolajewka.

Ancora il 16-16 settembre 1973, per celebrare il 30° della battaglia di Nikolajewka, venne indetto un raduno intersezionale a Monghidoro.

Per l'occasione fu allestita e inaugurata una mostra di ricordi e cimeli della Campagna di Russia.


Le manopole*

Tormenta de neve:
ombre che va...
qualcuno se incucia
va vanti piegà.

Na casa, na porta un poco sbacià;
picà sora un ciodo,
un ritrato in canton
de un toso, russo, vestio da soldà.

Davanti se trova na dona e un alpin
da le man tute rosse
dal fredo gelà.
I oci se incontra e senza parlare
la dona scompare de là de na porta.

La torna portando na pele cusia;
le man le se scalda.
Un abracio... el va via.
El fredo el pare spario
e dentro se sente tuto scaldà.

Sul peto qualcossa che slussega:
do lagrime solo, dal freddo giassà.

*Nella "mostra" degli Alpini per il 30° della Battaglia di Nicolajewka ci sono due "manopole" con un biglietto di spiegazione: sono state offerte da una donna russa ad un Alpino italiano (Avv. Vittorio Trentini) e lo hanno salvato dal congelamento.


Chi è Vittorio Trentini?

Nel suo biglietto da visita si legge "Avvocato", e questo forse, potrebbe bastare; ma un uomo non si conosce attraverso il titolo di studio che ha acquisito, anche perchè ciò che rende un essere umano uomo sono le sue idee, le sue azioni, le qualità morali.

Ebbene Vittorio, come lui stesso afferma, è prima e soprattutto un Alpino, orgoglioso di esserlo, che sente vivo lo spirito del corpo.

Dice di far parte "di una associazione ammirevole, fatta di uomini che vengono unanimamente considerati un patrimonio di tutta la Nazione: esempio di accettazione dei propri doveri, di amor di Patria e di solidarietà verso la propria gente", che rappresentano il senso dello Stato.

"Gli Alpini sono una provocazione in una società priva di ideali, corrotta, consumistica, nella quale nessuno vuole più compiere il sacrificio di andare in salita."

Quale presidente della sezione Bolognese-Romagnola, conosce il gruppo alpini di Monghidoro e partecipa alle loro manifestazioni ed adunate. "Siamo tutti una grande famiglia, ci riconosciamo tutti figli di una stessa madre, una fraternità ci unisce, noti ed ignoti, e ci induce a ritrovarci a manifestare i valori che rappresentiamo."

Senza la fede l'Alpino si sente come una nave senza timoniere, una fontana senza acqua.



Il Golico

Se la Julia non fosse ritorno
la me mama pregherà par mi.
Se la Julia non fosse ritorno
la me mama pregherà par ti.

Là sul Golico soto la neve,
'na preghiera prima de morir:
Là sul Golico soto la neve,
'na preghiera prima de morir:

O Madona, regina del cielo,
su me mama meti la Tua man
daghe forza de pianzer pianelo
dage forza de non disperar.

Se la Julia non fosse ritorno.


Impronte sulla neve

Ricordo in russia un amico che si è congelato i piedi perchè non si era tolto le scarpe bagnate. Si chiamava Zarantonello. L'ho trascinato per tre giorni, poi, poichè ero anch'io stremato, l'ho lasciato in una isba.

Non l'ho più rivisto.


Generale Emilio Battisti, comandante della Divisione Alpina Cuneense in terra di Russia

Mi rammento inoltre di un altro amico, Caramalli Alberto; ci siamo trovati nella colonia dei prigionieri e siamo stati portati entrambi in Siberia. Da qui, però, lui è stato portato in ospedale perchè aveva le gambe gonfie.

Nemmeno Alberto ho più ritovato.

Io sono rimasto in Siberia 5/6 mesi. Ero talmente malridotto, che non riuscivo a tenere in mano il cucchiaio, pesavo 38 kg. In seguito sono stato trasferito nel Turkestan a raccogliere cotone. E qui sono rimasto due anni.

Sono ritornato a casa nel dicembre del 1946.


Addio Bassi

Addio vecchio Bassi, anche tu te ne sei andato e l'ultimo tuo pensiero è stato per gli alpini: la tua passione per la sede, per la sezione, per l'associazione, per tutta la nostra vita, rimane in noi proverbiale. Te ne sei andato anche tu come tanti altri in un congedo assoluto e hai voluto che la penna fosse vicina alla tua spoglia perchè essa aveva per te rappresentato uno dei motivi fondamentali della vita: per essa avevi sacrificato tempo e lavoro ed anche salute. E se un conforto rimane a noi, tuoi amici, è quello di averti visto il giorno dell'adunata di Bologna felice e contento nel vedere la tua sezione sfilare così numerosa.


Il gruppo Alpini di Monghidoro, che già aveva in cuore il sogno della BAita, avvertì forte il richiamo del Friuli devastato dal terremoto 1976 e corse a dare una mano fraterna. Qui al centro Franco Bertagnolli - Presidente Nazionale dell'ANA, che fu l'anima dell'intervento degli Alpini nel Friuli sconvolto ma non vinto.




E' QUASI GIORNO


Tra le opere di solidarietà civile a cui parteciparono gli alpini di Monghidoro, bisogna ricordare il loro impegno nella ricostruzione del Friuli, dopo il tragico terremoto del maggio 1976.

Gli alpini monghidoresi, coordinati dall' A.N.A. dell'Emilia Romagna, organizzarono due settimane di interventi durante il periodo delle ferie, più precisamente da 15.08.76 al 22.08.76 e dal 07.08.77 al 13.08.77.

Nel 1976 la destinazione fu il cantiere numero 8 di Osoppo.


Cantiere n. 8 Osoppo

"La tradotta che parte da...
... la va diretta al Piave... "

La piazza di Monghidoro era gremita di gente: una preghiera, la benedizione del Parroco, un abbraccio e tante lacrime... e poi la colonna si mise in marcia.



Fino ad Osoppo ci trasportò la "tradotta" dei bambini dell'asilo. Arrivammo là con le ossa rotte: fu il primo sacrificio notevole: il contingente era composto da: un carpentiere, un falegname, 7 muratori, 4 manovali specializzati, 2 idraulici, un elettricista, 7 manovali comuni. Furono trasportati 243 q.li di cemento offerti gratuitamente dalle ditte locali, oltre a denaro contante L. 1.328.500.

Il compito del gruppo era di riattamento delle case lesionate.


L'anno successivo

L'anno successivo, grazie anche all'aiuto degli alpini di Monghidoro, furono costruiti quattro fabbricati per un totale di 16 appartamenti.

Nei cantieri degli alpini c'è però qualcosa di diverso.

"Il lavoro è febbrile ed a volte, addirittura mozzafiato; ognuno nel suo turno settimanale vorrebbe lasciare alle sue spalle qualcosa di fatto, di completo, di totale.


E vedi uomini mettercela tutta. Protestare forse perchè le ore sono insufficienti.

Voler continuare anche quando cade la sera. La schiena curva tende a spezzarsi, ma tiene."

"Tasi e tira". E tanto basta...

"E tornano al cantiere sempre cantando. Si scambiano quelle canzoni che sono patrimonio comune per gli alpini e, ormai, per gli amici degli alpini.

Tornano cantando e spesso non hanno nemmeno la forza di sedersi a cena. Ma basta una buona doccia e già si pensa al domani.

E già si vorrebbe tornare su...

E non veniteci a ringraziare perchè voi non sapete quello che ci portiamo via. Noi vi ringraziamo, per l'accoglienza, per l'insegnamento, per il pieno che ci avete fatto fare. Perchè è meraviglioso..."*

*Da "L'Alpino" luglio 1977.


Gemellaggio

Gli alpini si sentono e sono una grande famiglia. Le loro adunate, in particolare, rivelano questo spirito che li unisce e li fa sentire "sicuri" anche se non tutti si conoscono.

Quando vedono le Penne Nere, scompare in loro ogni diffidenza, ogni freddezza... sembra quasi che un filo sottile li colleghi inscindibilmente l'uno all'altro.

Questo bisogno fisico di stare vicini ed aiutarsi, spinge, nel 1990, anche gli Alpini di Monghidoro a fare un gemellaggio con il Gruppo Alpini di S. Pietro Val Lemina.




Incontri

In nave con i marinai.
Al campo con i fanti.
In caserma con i bocia!
Li chiamavano gemellaggi,
in realtà si trattava di "beveraggi".


Hanno detto di loro

"Le donne hanno un ruolo determinante per tenere amalgamato il gruppo, aiutano, partecipano al lavoro e danno quel tono di completezza."

"La loro stessa presenza serve ad incoraggiare."

"Noi italiani siamo ancora molto maschilisti, tuttavia ci sono necessarie per portare avanti qualsiasi iniziativa."

"Anche loro possono portare avanti lo spirito alpino, anche perchè dietro a uomini così non ci possono essere che donne coriacee."



"E' una presenza non solo gradita - ma necessaria. Capita purtroppo, talvolta, che le consorti vedano l'attività alpina dei mariti con scarso entusiasmo, anzi anche con disapprovazione, e questo ci dispiace. Ma, quando ci sono vicine, ci sono di conforto e di aiuto, assumono un ruolo di grande importanza."


Raduni delle Penne Nere a Monghidoro

1962 04 Nov. - Inaugurazione del Gruppo Alpini "L. Campanari"
1963 22 Sett. - Adunata P.M. dell'Appennino Tosco-Emiliano Romagnolo
1964 04 Ott. - I Raduno Sezionale a MonghidoroFesta delle P.N.
Omaggio ai caduti
1965 26 Sett. - 50° guerra del Piave
1966 05 Febb. - Monghidoro presenta:"O con le scarpe o senza scarpe..."
1966 11 Sett. - Raduno Interregionale
1967 14-15 Ott. - Raduno Intersezionale
1968 12-13 Ott. - 50° di Vittorio Veneto? Raduno Interregionale
1968 04 Nov. - Celebraz. della Vittoria... Associazioni ANA-AGI-ASCI
1968 10 Genn. - 25° della battaglia di Nikilajewka
1969 12 Ott. - Raduno Interregionale
Nozze d'oro di fondazione dell' ANA
1973 15-16 Sett. - Raduno Intersezionale
1976 Luglio - Alpini impegnati nel Friuli
1976 04 Sett. - Raduno Intersezionale
1977 Luglio - Alpini impegnati nel Friuli - Ricostruzione
1979 22-23 Sett. - Raduno Intersezionale
1982 09-10 Ott. - Raduno Interregionale
1987 03-04 Ott. - Raduno delle P.N. Interregionale
Inaugurazione della Baita
Celebrazione 25° costituzione del Gruppo 1962-1987
1990 21-22 Luglio. - Raduno Interregionale degli Alpini
1992 04 Novembre - S. Messa in onore dei caduti e delle Penne Mozze del Gruppo
1996 21 Luglio - Raduno Alpini - Inaugurazione monumento alle "Penne Mozze"
1999 18 Luglio - Raduno degli Alpini a Monghidoro


I testi sono tratti dal libro



Per la documentazione e le foto: Archivio Gruppo Alpini Monghidoro

Gilberto Tedeschi Monghidoro