Canzoni - Preghiere - Poesie - Parole
degli Alpini
CANTI – ALPINI
SUL CAPPELLO
Sul
cappello che noi portiamo Oilalà.
Su
pei monti che noi saremo Oilalà.
Su
pei monti che noi saremo Oilalà.
Su
pei monti che noi saremo Oilalà.
Evviva evviva il Reggimento
VALORE ALPINO - TRENTATRE' Dai fidi tetti del villaggioi
bravi alpini son partiti; Son dell'Alpe i bei cadetti, nella
robusta giovinezza, Oh, valore alpin, difendi sempre
la frontiera, Sentinella, all'erta per il suol
nostro italiano, Là tra le selve e i burroni,là tra
le nebbie fredde e il gelo, E quando il sole brucia e scalda
le cime e le profondità, Oh, valore alpin...
LA TRADOTTA
SUL PONTE DI PERATI
BOMBARDANO CORTINA
Bombardano Cortina! ... Oilà E proseguendo poi! ... Oilà Non mancherà poi tanto! ... Oilà Son prese le "Tre Dita"! ... Oilà Fatta è la galleria! ... Oilà Giunti sul Canalone! ... Oilà Per Valle Travenanzes! ... Oilà
BERSAGLIERE HA CENTO PENNE
Bersagliere ha cento penne Quando scende la notte buia Su pei monti vien giù la neve, Se dall'alto dirupo cade
MOTORIZZATI A PIE' Il sedici settembre Ci tocca di partire Da Udin siam partiti, Motorizzati a piè Ma pur verrà quel dì
E TU AUSTRIA
E tu Austria non essere ardita E tu Austria che sei la più forte Varcheremo le mura di Trento Al comando dei nostri ufficiali
DI QUA, DI LA' DEL PIAVE
Di qua, di là del Piave E dopo aver mangiato, Mi si che vegnaria Se sei da maritare E dopo nove mesi
MONTE CAURIOL
Fra le rocce, il vento, la neve, Genitori, piangete, piangete, Il suo sangue l'ha dato
all'Italia,
APRITE LE PORTE Aprite le porte Come la marcia ben
E C'ERANO TRE ALPIN
E c'erano tre Alpin
(Ritornello) Il più bellin dei tre (Ritornello) La figlia del Re (Ritornello) Dammele a me (Ritornello) Le rose io ti darò (Ritornello) Va a dirlo al mio papà (Ritornello) Buon giorno signor Re (Ritornello) Vai via di qua (Ritornello) E va sull'ostia ti (Ritornello)
EREVAMO IN VENTINOVE
Eravamo in ventinove: Maledetto sia il Som Pauses Queste povere vedovelle
IL VENTINOVE LUGLIO
Il ventinove luglio Non era paesana Vicino alla marina, Per navigar sul mare Le ragazzette belle Ce lo farem provare,
Mamma mia vienimi incontro, Era il sei del triste maggio Maledette quelle contrade, Baldissera manda a dire Appena messo piede a terra Se avrem finite le cartucce Viva il Re e la Regina, Lo vogliamo discacciare
SUI MONTI SCARPAZI
Quando fui sui Monti Scarpazi Oh mio sposo eri andato soldato Maledeta la sia questa guera Io vorrei scavarmi una fossa
Ti ricordi la sera dei baci, Mi promise 'sta Pasqua sposarmi Ragazzette che fate all'amore,
OI CARA MAMMA Oi cara mamma Guarda la luna Guarda le stelle Guarda il sole
TA PUM
Venti giorni sull’Ortigara
|
E Cadorna manda a dire |
che si trova là sui confini, |
che ha bisogno degli alpini |
per potersi avanzar. |
Novantotto su coraggio |
che le porte son bombardate |
tra fucili e cannonate |
il nemico cederà. |
Cara mamma non tremare |
se non vedi più ritornare |
un Alpino militare |
che di guardia sui confin |
un Alpino militare |
che di guardia resterà. |
MONTE PASUBIO
Su la
strada del Monte Pasubio,
lenta sale una lunga colonna,
bomborombon bom bomborombom.
L'è la
marcia de chi non torna
de chi se ferma a morir lassù.
Ma gli
alpini non hanno paura,
bomborombom bom bomborombom.
Su la
cima del Monte Pasubio,
soto i denti ghè ze 'na miniera,
bomborombom bom bomborombom.
Zè i
alpini che scava e spera
de ritornare a trovar l'amor.
Ma gli
alpini non hanno paura,
bomborombom bom bomborombom
Su la
strada del Monte Pasubio,
zè rimasta soltanto 'na croce,
bomborombom bom bomborombom,
no se sente mai più 'na voce,
ma solo el vento che basa i fior.
Ma gli
alpini non hanno paura,
bomborombom bom bomborombom
LA LICENZA
Trenta mesi che faccio il soldato |
una letterina mi vedo arrivar. |
Sarà forse la mia morosa |
che si trova sul letto ammala' |
A rapporto signor capitano, |
se in licenza mi vuole manda' |
La licenza l'hai bell'è firmata, |
basta che torni da bravo solda' |
Glielo giuro, signor capitano, |
che mi ritorno da bravo solda' |
Quando arrivo vicino al paese |
campane a morto sentivo sonar. |
Quando fui vicino alla chiesa |
un funerale vedevo passar! |
Sarà forse la mia morosa, |
che ho lasciata sul letto ammala'. |
Portantina che porti quel morto, |
per favore fermatevi un po' |
Se da viva non l'ho mai baciata |
ora ch'è morta la voglio baciar. |
L'ho baciata che l'era ancor calda, |
la sapeva di rose e di fior! |
E SUL CERVINO
E sul
Cervino c'è una slavina
l'è la rovinadi noi Alpin.
(Ritornello)
E se son pallida
nei miei
colori
no
voglio dottori
no voglio dottori.
E se son
pallida come 'na strassa
vinassa, vinassae
fiaschi de vin.
Sul
Monte Rosa c'è una colonna
l'è la Madonna di noi Alpin.
(Ritornello)
E in
fondo valle c'è un'osteria
l'è l'allegria di noi Alpin.
(Ritornello)
Là nella
valle c'è una ragazza
che la va pazza per noi Alpin.
(Ritornello)
Là nella
valle c'è la Rosina
l'è la rovina di noi Alpin.
(Ritornello)
Là su
quel monte c'è un buco nero
l'è il cimitero di noi Alpin.
(Ritornello)
Là nella
valle c'è una caserma
requiem eterna per chi ci sta.
(Ritornello)
Quel mazzolin di fiori
che vien dalla montagna,
e bada ben che non si bagna
ché lo voglio regalar.
Lo voglio regalare,
perché l'è un bel mazzetto;
lo voglio dare al mio moretto,
questa sera quando 'l vien.
Stasera quando viene,
sarà una brutta sera,
e perché sabato di sera,
lui non è venuto a me.
Non l'è venuto a me
l'è andà da la Rosina,
e perché mi son poverina
mi fa pianzer, sospirar.
Fa pianzer e sospirare
sul letto dei lamenti.
E cosa mai diran le genti
cosa mai diran di me.
Diran che son tradita,
tradita nell'amore,
e allora a me mi pianze il cuore
e per sempre pianzerà.
Abbandonato il primo,
abbandonà il secondo,
abbandono tutto il mondo
e non mi marito più.
LA MAMMA DI ROSINA |
|
La
mamma di Rosina era gelosa |
|
Fa'
veglia molinaro che l'è giorno!
(bim bom bam màcina ben che vien che va
Rosina dimmelo per carità)
son qui da stamattina
con gli occhi bianchi e neri
son qui da stamattina ad aspettare.
Ma cosa t'è successo, mia Rosina?
(bim bom bam màcina ben che vien che va
Rosina dimmelo per carità)
Oh mamma non guardarmi
con gli occhi bianchi e neri
lo sai: chi va al mulino s'infarina
VECCHIO SCARPONE
Lassù in
un ripostiglio polveroso
fra mille cose che non servon più,
ho visto un poco logoro e deluso
un caro amico della gioventù.
Qualche filo d’erba col fango disseccato,
fra i chiodi pareva conservar,
era uno scarpone militar.
Vecchio scarpone
quanto tempo è passato,
quante illusioni fai rivivere tu.
Quante canzoni, sul tuo passo ho cantato
che non scordo più.
Sopra le dune del deserto infinito,
lungo le sponde accarezzate dal mar.
Per giorni e notti
insieme a te ho camminato, senza riposar.
Lassù fra le bianche cime
di nevi eterne immacolate al sol,
cogliemmo le stelle alpine
per farne dono ad un lontano amor.
Vecchio scarpone
come un tempo lontano,
in mezzo al fango con la pioggia e col sole,
forse sapresti, se volesse il destino
camminare ancor.
Vecchio scarpone,
fai rivivere tu
la mia gioventù.
FIGLI DI NESSUNO
Figli di nessuno, che noi siam...
Fra le rocce noi viviam,
ci disprezza ognuno
perché laceri noi siam.
Siamo nati chissà quando,
chissà dove, allevati dalla pura carità;
senza padre senza madre, senza un nome
noi viviamo come uccelli in libertà.
Noi viviamo fra i boschi
sugli alti monti e
dagli aquilotti ci
facciamo ammirar.
Le ragazze d'oggi
son smorfiose,
cercan tizio, cercan caio,
mille cose in quantità.
Ma se troviamo uno
che ci sappia comandar e dominar,
figli di nessuno che noi siam,
anche a digiuno sappiam marciar.
E' MORTO UN ALPINO
E' morto un Alpin, sulla montagna
Ritornava dal confin dopo la guerra:
ma quando l'Alpin l'è cascà in terra
fu lì un angel del Trentin
che ghe diseva:
" O bell'alpino, alla tua casetta
manda un saluto: io l' porterò"
Allora l'Alpin l'ha verti i oci,
ghe parea che l'angiol fosse lì vicino:
"Angel del cielo, l'ultimo mio baso
prtemel caldo al mio tesor,
portemel caldo al mio amore."
E' morto un Alpino
LA RIVISTA DELL’ARMAMENTO
E il cappello che noi portiamo, quello é l'ombrello ,di noi Alpin.
E tu biondina capricciosa garibaldina tu sei la stella di noi soldà.
E le giberne che noi portiamo non portacicche di noi soldà.
E tu biondina ...
E lo zaino che noi portiamo, quello è l'armadio di noi Alpin.
E tu biondina ...
E la gavetta che noi portiamo è la cucina di noi soldà.
E tu biondina ...
E la borraccia che noi portiamo è la cantina di noi soldà.
E tu biondina ...
E le scarpette che noi portiamo, son le barchette di noi Alpin.
E tu biondina ...
E il fucile che noi portiamo, è la difesa di noi Alpin.
E tu biondina ...
E le stellete che noi portiamo son disciplina di noi soldà.
E tu biondina ...
La penna nera che noi portiamo, è la bandiera di noi Alpin.
E tu biondina ...
E il pistocco che noi portiamo, è il paga-debit di noi Alpin.
Etu biondina ...
LA VILLANELLA
Varda che passa la villanella;
osc-ce che bela, la fa innamorar!
O come bali bene bela bimba,
bela bimba, bali ben!
Varda quel vecio sotto la scala
osc-ce che bala, ch’el gh’ha ciapà.
O come bali bene bela bimba,
bela bimba, bali ben!
Varda quel merlo dentro la gabbia
osc-ce che rabbia ch’el gh’ha ciapà.
O come bali bene bela bimba,
bela bimba, bali ben!
Dansa al mattino, dansa alla sera
sempre leggera sembra volar.
O come bali bene bela bimba,
bela bimba, bali ben!
PIEMONTESINA
Addio bei giorni passati mia piccola amica ti devo lasciar gli studi son già terminati abbiamo finito così di sognar. Lontano andrò, dove non so parto col pianto nel cuor dammi l'ultimo bacio d'amor. Non ti potrò scordare Piemontesina bella sarai la sola stella che brillerà per me ricordi quelle sere passate al Valentino col biondo studentino che ti stringeva sul cuor.
Addio mio vecchio studente di un giorno passato che adesso è dottor io curo la povera gente ma pur non riesco a guarire il mio cuor. La gioventù non torna più, quanti ricordi d'amor a Torino ho lasciato il mio cuor Non ti potrò scordare ...
SUL RIFUGIO BIANCO DI NEVE
Sul rifugio bianco di neve |
una luce pallida |
appar: |
è Marisa che va lieve lieve: |
veci alpini vi viene a |
trovar. |
È Marisa, che dopo il tramonto |
col suo canto vi |
cullerà, |
è la pallida fata dei |
monti: |
col suo manto vi |
coprirà. |
Se un alpino cade in montagna, |
la fanciulla pianger |
vedrà. |
Se una lacrima gl’occhi le bagna, |
sulla neve un fior |
diverrà. |
salutate il babbo per me |
e salutate la bella |
bandiera |
degli eroi che vanno a |
morir. |
Lenta, lenta cade la neve sul rifugio a |
biancheggiar: |
sembra una stella caduta dal cielo |
e il rifugio diventa un |
fior. |
GRAN DIO DEL CIELO
O Dio del cielo, |
se fossi una rondinella, |
O Dio del cielo, |
se fossi una rondinella, |
vorrei volare, |
vorrei volare |
vorrei volare |
in braccio alla mia bella. |
Prendi quel secchio |
e portalo alla fontana, |
là c'è il tuo amore |
là c'è il tuo amore |
là c'è il tuo amore |
che alla fontana aspetta. |
Prendi il fucile |
e vattene alla frontiera, |
prendi il fucile |
e vattene alla frontiera, |
là c'è il nemico |
là c'è il nemico |
là c'è il nemico |
che alla frontiera aspetta |
LA MULA DE PARENZO
La mula de Parenzo
l’ha
messo su bottega:
de tutto la vendeva,
de
tutto la vendeva,
la mula de Parenzo
l’ha
messo su bottega:
de tutto la vendeva
fora
che ‘l baccalà:
perché non m’ami più?
La me ‘morosa è vecia
la
tengo de riserva,
ma quando spunta l’erba,
ma
quando spunta l’erba;
la me ‘morosa è vecia
la
tengo de riserva,
e quando spunta l’erba
la
mando a pascolar
perché non ami più?
La mando a pascolare
insieme alle caprette,
l’amor con le servette,
l’amor con le servette,
la mando a pascolare
insieme alle caprette,
l’amor con le servette
non
lo farò mai più:
perché non m’ami più?
Tutti mi dicono bionda
ma
bionda io non sono,
porto i capelli neri,
porto i capelli neri;
tutti mi dicono bionda,
ma
bionda io non sono,
porto i capelli neri
sinceri nel fare l’amor:
e perché non m’ami più?
Se il mare fosse tòcio
e i monti de polenta
oh mamma che tociàde!
Polenta e baccalà
perché non m’ami più?
LA VIEN GIU’ DALLE MONTAGNE
La vien giù dalle montagne,
l’è vestita alla francese,
da un bel giovane cortese
gli fu chiesto far l’amor.
“Lo ringrazio, o giovanotto,
la ringrazio del buon cuore,
appartengo a un altro amore
che mi ama e mi vuol ben”.
“Vatten via, o sciagurata,
vatten via su le montagne,
a raccoglier le castagne
con gli agnelli a pascolar”.
Io non sono montanara
e nemmeno paesana
sono nata in su la spiaggia
e son figlia del bel mar.
Ed il sole fù mio padre
e la luna fù mia madre
le sorelle son le stelle
che scintillano nel ciel.
“Sono nata in mezzo ai fiori,
in mezzo ai fiori di vermiglio
sono pura come un giglio,
come un giglio voi morir”.
LE CAMPANE DI SAN GIUSTO
Per le spiaggie, per le rive di Trieste |
suona e chiama di San Giusto la Campana, |
l'ora suona, l'ora suona non lontana |
che èpiù schiava non sarà. |
Le ragazze di Trieste |
cantan tutte con ardore: |
O Italia, o Italia del mio cuore, |
tu ci vieni a liberar! |
Avrà baci, fiori e rose la marina, |
la campana perderà la nota mesta, |
su San Giusto sventolar vedremo a festa |
il vessillo tricolor. |
Le ragazze di Trieste |
cantan tutte con ardore: |
- O Italia, o Italia del mio cuore, |
tu ci vieni a liberar! |
Il battaglione Aosta
sul Pajon
sta sempre sulle cime,
sul Pajon
ma quando scende a valle,
sul Pajon
attente ragazzine!
Sul Pajon de la caserma |
Requiem meterna e cisì sia, |
và a remengo ti |
to pare, to mare e to zia |
e la naja e compagnia |
sul Pajon, sul Pajon |
Il parroco d'Aosta,
l'ha detto predicando,
"Attente ragazzine,
che il "Quarto" sta arrivando".
Una de le più bele,
l'ha detto piano piano:
"Se il "Quarto" sta 'rivando
l'è quelo che spetiamo".
Una de le più brute,
l'ha detto forte forte:
"Se il "Quarto" sta 'rivando
noi gli farem la corte!
E dopo nome mesi,
è nato un bel bambino.
Non vuole bere latte
ma beve solo vino!".
VOLA COLOMBA
Dio del Ciel se fossi una colomba
Vorrei volar laggiù dov'è il mio amor,
Che inginocchiato a San Giusto
Prega con l'animo mesto:
Fa che il mio amore torni
Ma torni presto
Vola, colomba bianca, vola
Diglielo tu
Che tornerò
Dille che non sarà più sola
E che mai più
La lascerò
Fummo felici uniti e ci han divisi
Ci sorrideva il sole, il cielo, il mar
Noi lasciavamo il cantiere
Lieti del nostro lavoro
E il campanon din don
Ci faceva il coro
Vola, colomba bianca, vola
Diglielo tu
Che tornerò
Tutte le sere m'addormento triste
E nei miei sogni piango e invoco te
Anche il mi vecio te sogna
Pensa alle pene sofferte
Piange e nasconde il viso tra le coperte
Vola, colomba bianca, vola
Diglielo tu
Che tornerò
Diglielo tu
Che tornerò.
OI,BARCARIOL DEL BRENTA
Oi, barcariol del Brenta
presteme la barchetta,
per andare in gondoleta
su la riva del mar.
Mi si che ve la presto
basta che la ritorna:
se la barca se sprofonda
no ve la presto più.
La barca è preparata
cinta di rose e fiori,
ci son dentro i cacciatori
del settimo alpin.
Del settimo alpini
del battaglio Cadore,
vi saluto belle more
non vi vedrò mai più.
Ci rivedremo ancora
forse da richiamati,
con gli zaini affardellati
non ci vedremo più.
La barca è ritornata
cinta di rose e fiori,
ci con dentro i cacciatori
dei settimo alpin.
IL SILENZIO
Brutta cappella, va in branda |
va a dormir, e va a dormir, |
mentre l’anziano ’l va fora |
a divertis, a divertiss. |
Non t’arrabbiare che i mesi |
passano… la finirà, |
i giorni volano… la finirà, |
anche per te… la finirà. |
Cara cappella dovrai ancor |
patir, |
ma adesso per ora tu cerca di |
dormir, |
che quando anziano lo sarai |
pur tu, |
non ci potrai scordare mai più |
CAMPANE DI MONTE NEVOSO
Lasciarono il bianco paesello
cento mamme e altrettanti tesor,
un fior tra la piuma e il cappello
e una dolce canzone nel cuor.
Ritorneremo ancor sui nostri monti
e falceremo il grano al sole,
berremo l’acqua viva delle fonti
ch’è pura come il nostro amor!
Campane di Monte Nevoso, quei rintocchi nel cielo divin
sembravano un grido armonioso “Proteggete i miei giovani alpin”!
Tutto fu distrutto, ma tu torni a rintoccar,
campanil di Monte Nevoso;
tra le mura lacere c’è sempre un focolar
cento cuori sempre ad aspettar!
Campane di Monte Nevoso,
quei rintocchi nel cielo divin
sembravano un grido armonioso
“Proteggete i miei giovani alpin”!
Campane dal suono giocondo
che invocate la pace e l’amor,
non quella che predica il mondo,
ma la pace che vuole ogni cuor;
la pace, la fede, la gioia, l’amor!...
CHIESETTA ALPINA
C'E' UNA CHIESETTA ALPINA DOVE GIA' RINTOCCA UNA CAMPANA
NEL VEDERLA COSI' IN ALTO PARE IN CIELO E PIU' LONTANA
COL SUONA PAR CHE DICA AL CUOR NEL DOLCE VESPRO MATTUTIN
ALLA CHIESETTA TUTTA IN FIOR RITORNERA' IL MIO BELL' ALPIN
S' ODE UN SUONO MA NON E' PIU' LA CAMPANA DELLA CHIESETTA
E' IL SILENZIO DELLA SERA CHE PIAN PIAN SUONA LA TROMBETTA
PIAN PIANO COME IN UN SOSPIR TRA BREVE NON SI SENTE PIU'
MA AL BRUNO ALPINO PAR DI UDIR LA CAMPANELLA DI LAGGIU'
ROSELLINA CHE COL GREGGE VA SUI MONTI DI BUON MATTINO
E CON ANSIA E FEDE ASPETTA CHE RITORNI IL SUO BELL' ALPINO
SE PUR LONTANO IL BRUNO ALPIN A TE SOLTANTO PENSERA'
E UN DI VEDRAI CHE A TE VICIN FELICE ANCOR RITORNERA'
ED UN GIORNO ASSAI PIU' FORTE SUONA A FESTA LA CAMPANELLA
E' TORNATO IL BRUNO ALPINO E ROSELLINA SI FA PIU' BELLA
E' BIANCA E PURA COME UN FIOR CHE AL SOL DI MAGGIO SBOCCERA'
E LA CAMPANA CON AMOR PER QUELLE NOZZE SUONERA'
PER QUELLE NOZZE SUONERA'
CUORE ALPINO
QUANDO
AL RADUNO VA UN' ALPINO
NEL SUO CUORE C'E' TANTA EMOZIONE
GUARDA IL CIELO LA SUA PENNA NERA
MENTRE SFILA PER IL TRICOLOR
CUORE
ALPINO..... CUORE ALPINO.....
TU PENSI SEMPRE A TUTTO IL TEMPO PASSATO SUI MONTI
CUORE ALPINO..... CUORE ALPINO.....
TU SAI TROVARE GLI AMICI SINCERI E LI FAI SOGNAR
ANCHE SE
NON HA PIU' LA DIVISA
NEL SUO CUORE C'E' UN SOL SENTIMENTO
IL RICORDO DEL SUO REGGIMENTO
CHE SCORDARE MAI PIU' LUI POTRA'
VECCHIO
ALPINO..... VECCHIO ALPINO.....
IL FREDDO E IL GELO NON HANNO SPENTO IL TUO GRANDE AMORE
CUORE ALPINO..... CUORE ALPINO.....
TU SAI TROVARE GLI AMICI SINCERI E LI FAI SOGNAR
CUORE ALPINO.....CUORE ALPINO.....
CIMITERO DI ROSE
SOTTO LE
CIME DI QUEGLI ALTI MONTI
LA MAMMA MIA RIPOSA TRA I FIOR
I FIORI PIU' BELLI E PIU' PROFUMATI
DI QUELLE MONTAGNE DOVE IO SONO NA'
QUANDO
PICCINO SUL LETTO DI FOGLIE
SEMPRE DORMIVO ACCANTO A LEI
DICEVA:" RICORDATI E PORTAMI UN FIORE
QUANDO SARO' ANCH' IO VICINO AL TUO PAPA' "
LA MAMMA
E' MORTA IO DEVO PARTIRE
DEVO PARTIRE E ANDAR LAVORAR
E DEVO LASCIARE I MIEI CARI MONTI
COME FAREMO A PORTARLE QUEL BEL FIOR
HO
SEMINATO UN CAMPO DI ROSE
NEL CIMITERO ABBANDONA'
LA NEVE DEI MONTI SCIOGLIENDOSI AL SOLE
DI QUEL CIMITERO I FIORI BAGNERA'
SON
RITORNATO IN QUEL CIMITERO
NEL CIMITERO ABBANDONA'
I FIORI PIU' BELLI E PIU' PROFUMATI
ERANO QUELLI DI MAMMA E DI PAPA'.
_________________________
PREGHIERE - POESIE - PAROLE |
DEGLI ALPINI |
Dopo i mille e duecento chilometri, della marcia |
di ripiegamento dal Don, il conducente di muli |
Pilòn disse: |
Gli alpini arrivano a piedi |
là dove giunge soltanto |
la fede alata. |
Pilòn Gio Batta |
Egli è lassù che veglia. |
Un'ombra nella tormenta |
una figura maestosa |
una penna nera |
un canto |
una preghiera... |
Lui. |
L'ultimo Alpino. |
Egli è lassù che veglia |
Penna nera
Esile lembo di un’ala |
che sa di altezze infinite, |
di spazi sconfinati, |
di dominio dei monti |
e del piano. |
Simbolo dei soldati dell’Alpe |
perpetui nel tempo |
sibili di tormente, |
furor di battaglie, |
pietà di opere buone, |
calvari di penne mozze. |
Segno imperituro |
di forza, di coraggio, |
di sacrificio, di valore, |
piantata sul cappello alpino, |
svetti nel cielo come una bandiera |
vecchia e cara Penna Nera. |
|
Aldo Rasero |
Preghiera dell'Alpino
Su le nude rocce, sui perenni
ghiacciai,
su ogni balza delle Alpi ove la provvidenza
ci ha posto a baluardo fedele delle nostre
contrade, noi, purificati dal dovere
pericolosamente compiuto,
eleviamo l'animo a Te, o Signore, che proteggi
le nostre mamme, le nostre spose,
i nostri figli e fratelli lontani, e
ci aiuti ad essere degni delle glorie
dei nostri avi.
Dio onnipotente, che governi tutti gli elementi,
salva noi, armati come siamo di fede e di amore.
Salvaci dal gelo implacabile, dai vortici della
tormenta, dall'impeto della valanga,
fa che il nostro piede posi sicuro
sulle creste vertiginose, su le diritte pareti,
oltre i crepacci insidiosi,
rendi forti le nostre armi contro chiunque
minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera,
la nostra millenaria civiltà cristiana.
E Tu, Madre di Dio, candida più della neve,
Tu che hai conosciuto e raccolto
ogni sofferenza e ogni sacrificio
di tutti gli Alpini caduti,
tu che conosci e raccogli ogni anelito
e ogni speranza
di tutti gli Alpini vivi ed in armi.
Tu benedici e sorridi ai nostri Battaglioni
e ai nostri Gruppi.
Così sia.
Preghiera dell'artigliere da |
Montagna |
Dio onnipotente ed eterno a Te, cui danno gloria i cieli, i monti ed il mare, noi Artiglieri da Montagna eleviamo i cuori.
Tu hai scelto nei tempi antichi la montagna, naturale palestra di virtù umane ed oasi perenne di religiosi silenzi, per dare a gli uomini i Tuoi comandamenti e nella pienezza dei tempi hai voluto proclamare al mondo la Tua legge di AMORE dal colle delle beatitudini.
Signore Gesù Cristo, Tu hai detto un un giorno che nessuno ama il proprio fratello più di colui che dà la vita; i nostri Artiglieri da Montagna hanno accolto la Tua voce ed hanno seguito il Tuo esempio.
Sulle montagne, nei deserti, nelle steppe nevose dove il DOVERE li ha chiamati, essi hanno sacrificato, come hai fatto Tu un giorno sul monte Calvario, la loro vita per noi; noi oggi Ti preghiamo per loro.
Nel Tuo paradiso, dove non agiva la tormenta, accogli in pace i loro spiriti immortali !
A noi che li ricordiamo quaggiù dona la grazia di godere, anche per il loro generoso sacrificio, una lunga pace e di lavorare concordi per la serenità delle nostre case e per la dignità della nostra ITALIA
Così sia.
Il Nostro Cappello
<Sapete cos'è un cappello alpino?>
CAPPELLO E' TUTTO. Da una lettera trovata addosso a un Alpino caduto in Grecia. |
Preghiera dell'alpino ignoto
Tu
per le mie ferite
da
cui scese sangue
alla
terra alle pietre
al
fango alla neve
dovunque passai;
Tu
per il mio silenzio
e il
mio dolore senza volto
e il
mio respiro che cessò
senza
lamento
nell'invocare Te;
Tu
per il lungo calvario
d'ogni fratello alpino
che
giacque infine riverso
in
quell'ora e per sempre
simile a me
nella
sua stessa offerta;
Tu
per gli occhi di mia madre
fermi
nel buio fermi nel vuoto
in
cui vedesti tremolare
e
cadere verso Te dalle ciglia
la
luccicante preghiera;
Tu
per le mani di mio figlio
che
mai sentirono le mie
e non
ebbero più guida
se
non di ricordo;
Tu, o
Signore, tendi la mano
per
quanto noi ti offriamo,
preserva dalla vita e dalla morte
ch'io
conobbi in sorte
e
benedici
ogni
fratello che vive.
Benedici l'Italia.
Giulio Bedeschi
Poesia – Preghiera
del bosco delle Penne Mozze
Penne Mozze del mio cuore,
ricordate su a Cison
con un albero e una stele,
erba, roccia e pochi fior.
Morti d’Africa e di Libia
E dell’Alpi e mari ancor
Grecia, Russia e dei Balcani
Ch’el Cristo ve varda
ch’el vento ve basa,
che i alberi canta
al sol e a la luna
canson vecie e nove
de requie e de gloria,
o pena spacada
t’à fato la storia
Penne Mozze per l’onor!
Mario Altarui
Preghiera
O buon
Dio,
benedici tutti i miei Alpini,
benedici i loro sacrifici,
i loro morti, il loro lavoro,
il loro impegno,
e rendi forte sempre più forte
le loro armi,
ma quelle che noi chiamiamo le nostre armi improprie,
il cuore per amare e le braccia per lavorare.
Leonardo Caprioli
Gli Alpini
Sogni in grigio-verde, |
scarponi di gloria |
per una Patria da difendere. |
Montagne di ricordi, |
il Piave, l’amara grecia, |
le impervie alpi |
e le ambe etiopi. |
Oggi: missioni d’amore, |
penne nere color Afganistan, |
armate di un sorriso, |
combattono la battaglia della pace. |
Ermanno Eandi |
Preghiera del Disperso
Signore, tu sai che ho lasciato la mia casa per compiere il mio dovere e
tu sai anche che,
dove il destino mi ha spinto, l'ho compiuto senza fare ritorno.
Nessuno conosce la mia sorte, il dolore del mio cuore e la sofferenza
della mia carne
Tu sai quanto ho invocato il tuo aiuto, ma cosi tu hai deciso; io non
sarei tornato alla mia casa, disperso in un turbine di neve, di mare di
sabbia, di ghiaccio e di fuoco, nell'infinito
dal tuo regno.
Signore, tu che solo conosci la mia sorte e tutto il dolore del mondo,
conforta mia madre e mio padre, consola la mia sposa e, proteggi i miei
figli, di loro che mi ritroveranno nella fede in te, che tutto comprende,
e nell'amore verso la patria e verso la famiglia, cosi mi sentiranno
vicino almeno nello spirito.
Signore tu che sei stato trafitto sulla croce dalla lancia pietosa di un
soldato, concedi, ora, questa grazia a chi si è perso nel turbine della
guerra, senza lasciare traccia: ti prego, Signore, per il mio ultimo
riposo, fammi tornare in seno alla terra natia.
La canzone del Grappa
Monte Grappa tu sei la mia patria, |
sovra a te il nostro sole risplende, |
a te mira chi spera ed attende |
i fratelli che a guardia vi stan. |
Contra a te già s'infranse il nemico, |
che all'Italia tendeva lo sguardo: |
non si passa un cotal baluardo |
affidato ad italici cuor. |
Monte Grappa tu sei la mia patria, |
sei la stella che addita il cammino, |
sei la gloria, il volere, il destino, |
che all'Italia ci fa ritornar. |
Le tue cime fur sempre vietate |
per il piè dell'odiato straniero |
dei tuoi fianchi egli ignora il sentiero |
che pugnando più volte tentò. |
Qual la candida neve che al verno |
ti ricopre di splendido ammanto, |
tu sei puro ed invitto col vanto |
che il nemico non lasci passar. |
Monte Grappa tu sei la mia patria |
O montagna per noi tu sei sacra |
giù di lì scenderanno le schiere |
che irrompenti a spiegate bandiere |
l'invasione dovranno scacciar. |
La Leggenda del Piave
Il Piave mormorava |
calmo e placido al passaggio |
dei primi fanti, il Ventiquattro Maggio: |
l'Esercito marciava |
per raggiunger la frontiera |
per far contro il nemico una barriera... |
Muti passavan quella notte i fanti: |
tacere bisognava , e andare avanti ! |
S'udiva intanto dalle amate sponde, |
sommesso e lieve il tripudiar dell'onde. |
Era un presagio dolce e lusinghiero. |
Il Piave mormorò :"Non passa lo |
straniero!" |
Ma in una notte triste |
si parlò di un fosco evento, |
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento..... |
Ahi, quanta gente ha visto |
venir giù, lasciare il tetto, |
poichè il nemico irruppe a Caporetto! |
Profughi ovunque! Dai lontani monti, |
venivano a gremir tutti i suoi ponti. |
S'udiva allor, dalle violate sponde, |
sommesso e triste il mormorio dell'onde: |
come un singhiozzo, in quell'autunno |
nero, |
il Piave mormorò:"Ritorna lo straniero!" |
E ritornò il nemico, |
per l'orgoglio, per la fame: |
volea sfogare tutte le sue brame... |
Vedeva il piano aprico, |
di lassù: voleva ancora |
sfamarsi, e tripudiare come allora... |
No!- disse il Piave.- No!- dissero i fanti, |
mai più il nemico faccia un passo avanti! |
Si vide il Piave rigonfiar le sponde! |
E come i fanti combattevan le onde... |
Rosso del sangue del nemico altero, |
il Piave comandò: " Indietro, và, |
straniero!" |
Indietreggiò il nemico |
fino a Trieste, fino a Trento... |
E la vittoria sciolse le ali al vento! |
Fu sacro il patto antico: |
Tra le schiere furon visti |
risorgere Oberdan, Sauro, Battisti... |
Infranse, alfin, l'italico valore |
le forche e l'armi dell'impiccatore. |
Sicure l'Alpi...Libere le sponde... |
E tacque il Piave: si placaron le onde... |
Sul patrio suolo, vinti i torvi imperi, |
la Pace non trovò nè oppressi, nè |
stranieri! |
San Martino del Carso
Di queste case non è rimasto |
che qualche brandello di muro. |
Di tanti che mi corrispondevano |
non è rimasto neppure tanto. |
Ma nel mio cuore nessuna croce. |
E’ il mio cuore il paese più straziato. |
Giuseppe Ungaretti |
I Muli
Di Tolo Da Re
Ve vedo tuti |
Ameto |
Rifa |
Trento |
Ve vedo tuti |
Uno drio l’altro |
Quanto tira la mulattiera. |
Ancora go nel naso il vostro udor: |
stàladego, corame, pel sudà. |
Ancora sento il caldo |
de quel vostro silenzio così vivo |
da diventar persona, |
da diventar parente. |
Ve vedo tuti: |
Ardente |
Nilo |
Ugessa. |
Quanto jè vostre |
la ròcia, la poiana, |
i mugbi, la sorgente, el can pastor: |
Ve vedo tuti: |
Stela |
Baldo |
Fior: |
Serco nei oci vostri |
panorami strussià da le fadighe. |
Passo in rivista |
el vostro duro balin: |
armi, pagnoche, fien, bidoni, pàia. |
Ve vedo tuti: |
Perla |
Fosco |
Gaia. |
In meso a na bufera |
De vento e neve, |
o coi musoni arsi che i beva |
dopo la scarpinada, |
o a l’alba |
quando i ve imbastava, |
o driti in piè a dormir soto la luna. |
Ve vedo tuti: |
Bruna |
Griso |
Scaltro: |
col vostro destin su la gropa, |
in marcia |
uno drio l’altro. |
Il mulo dell'Alpino
Tre volte cadde sulla mulattiera, |
poi la mitraglia al suolo l'inchiodò; |
nell'occhio spento c'era una preghiera |
il conducente in pianto lo baciò. |
Preghiera del Mulo
Non ridere, o mio conducente, ma ascolta questa mia preghiera. Accarezzami spesso e parlami, imparerò così a conoscere la tua voce, ti vorrò bene e lavorerò più tranquillo.
Tienimi sempre pulito! Un giorno ho sentito dire del Capitano che "Un buon governo vale metà razione". E' vero: quando ho gli occhi, la pelle, gli zoccoli puliti, mi sento meglio, mangio con maggiore appetito e lavoro con più lena.
Quando sono in scuderia lasciami legato lungo, specie di notte, affinché io possa giacere e riposare. Va bene che sono capace di dormire anche stando in piedi ma, credimi, riposo e dormo meglio quando sono sdraiato.
Se quando mi metti il basto e ne stringi le cinghie divento irrequieto non credere che lo faccia per cattiveria, ma è perché soffro il solletico; abbi quindi pazienza, non trattarmi male e mettimi il basto e regolane le cinghie con delicatezza.
Quando andiamo in discesa ed io vado più adagio di te, pensa che lo faccio perché voglio ben vedere dove metto i piedi; non incitarmi quindi a procedere più celermente , ma allungami il pettorale e accorcia la braga affinché il carico non mi penda sul collo e mi spinga a cadere.
E quando in salita io vado più in fretta non mi trattenere con strattonate e non ti attaccare alla coda perché io ho bisogno di essere libero nei movimenti per meglio superare i tratti più ripidi e più difficili del percorso. accorciami il pettorale ed allunga la braga in modo che il carico non mi vada sulle reni procurandomi ferite e piaghe.
se io inciampo, abbi pazienza, sorreggimi ed aiutami. Se lungo le rotabili passano quelle macchinacce che con il loro rumore mi fanno tanta paura, non tirarmi per le redini per non farmi innervosire. Accarezzami invece, parlami e vedrai che rimarrò tranquillo.
Quando rientriamo in caserma o nell'accampamento non abbandonarmi subito anche se sei stanco, ma pensa che anch'io ho lavorato e sono più stanco di te. Se sono sudato, strofinami subito con un po' di paglia; per te sarà una fatica ben lieve e basterà ad evitarmi dolori reumatici, tossi e coliche.
Fammi bere spesso acqua fresca e pulita, se bevo troppo in fretta distaccami pure dall'acqua perché mi farebbe male, ma non agire con imprecazioni e con strattonate. Lascia poi che io torni a bere quando voglio, perché l'acqua non mi ubriaca e mi fa bene.
Quando poi sei di guardia-scuderia non dimenticare di passare la biada al setaccio per togliere polvere e terra; mi eviterai così riscaldamenti e dolori viscerali.
Ricordati che io capisco benissimo quando il conducente mi vuole bene o è cattivo. Se ha cura di me, sono contento quando mi è vicino e lavoro più volentieri; quando invece mi tratta male o mi fa dei dispetti, divento nervoso e posso essere costretto a tirar calci.
Allorché starai per andare in congedo e dovrai passarmi in consegna al conducente della classe più giovane, spiegagli bene i miei pregi ed i miei difetti e raccomandagli come deve trattarmi. Mi risparmierai così un periodo di sofferenze e, al dispiacere di vederti andare via, non dovrò aggiungere anche quello di capitare in mano a un conducente poco pratico e cattivo.
Sii sempre buono, comprensivo e paziente, pensando che anche noi muli siamo di carne ed ossa. E ricorda anche che migliaia di miei fratelli, per portare ai reparti armi e munizioni, viveri e mezzi, sono morti straziati dai proiettili e dalle bombe, travolti dalla tormenta o dalle valanghe, annegati nei torrenti e nel fango, esauriti dalle fatiche, dalla sete , dalla fame e dal gelo.
Ricordati, dunque, mio caro conducente, che come tu hai bisogno di me, io non posso fare a meno di te. Dobbiamo quindi scambievolmente conoscerci, comprenderci e volerci bene per formare una coppia perfetta.
Solo così il buon Dio ci aiuterà e ci benedirà.
Cammina così…
Alpino! |
Vorrei cantarti il mio grazie in versi, |
ma non sono un poeta. |
Vorrei incoraggiare il tuo sforzo, |
ma non sono un qualcuno! |
Vorrei riempire di gioia il tuo andare, |
ma non sono un santo. |
Alpino! |
Cammina così… |
e la tua bontà |
si chiamerà preghiera. |
( P.E.) |
Burba
di Tolo Da Re
Ancora me vardo intorno |
coi to oci imbranadi,burba. |
Eco il Distreto, |
i basi dei parenti, |
la note in treno, |
la cità foresta, |
quel’aria spissigada dai comandi, |
da le bastieme, |
dai segnai de tromba. |
El primo rancio, |
la ritirata, |
la branda, la divisa che te va granda, |
el sergente, |
el tenente, |
el colonel. |
I to oci imbranadi i sfiora tuto |
Senza catar un logo |
dove postarse, |
dove farghe un nìo. |
Come te capisso, burba! |
Mano stà a confidarte con mi, |
te dirìa solo: |
<L’è naia!> |
Alpini
"….buoni e semplici come eroi e fanciulli; |
audaci e prudenti come soldati di razza; |
robusti, resistenti come il granito dei loro |
monti; calmi, sereni come pensatori o |
filosofi; col cuore pieno di passione malgrado la |
fredda scorza esteriore, al |
pari di vulcani coperti di ghiaccio e di neve |
tali apparvero, nell’alpe nostra gli alpini |
d’ITALIA..." |
Cesare Battisti 21 aprile 1916. |
Fronte Russo
Frammento |
Fronte Russo 1943 |
Io resto qui. |
Addio. |
Stanotte mi coprirà la neve. |
E voi che ritornate a casa |
pensate qualche volta |
a questo cielo di Certkowo. |
Io resto qui |
con gli amici |
in questa terra. |
E voi che ritornate a casa |
Sappiate che anche qui, |
dove riposo |
in questo campo |
vicino al bosco di betulle, |
verrà la primavera. |
Giuliano Penco |
Nikolajewka
Un’alba che nell’anima del sole |
aveva la speranza. |
Per immensi pascoli di neve |
sotto un cielo arato di morte |
più volte sui tuoi dossi |
si lagorò l’audacia |
Solo al finire del giorno, |
con disperato grido, |
epica schiera di fantasmi |
passò tra mesto mormorio di preghiere. |
Scende ora il sole sull’alto del crinale |
bagnando di luce i tuoi morti |
e, in un vento di nuvole, fugge |
il tuo solitario pianto |
verso cieli lontani. |
Non più aspre terre e profili di monti |
nei loro occhi di vetro |
ma lunghe file mute di uomini |
su sentieri di ghiaccio. |
La pista si è fatta di stelle |
e cristalli di luna si spengono |
su misere croci senza nome. |
Nelson Cenci |
Sogno di Salvezza
…Ecco il villaggio,
… ecco Nikolajewka,
…ecco la salvezza.
Scivolo giù dalla balka
verso la fine della sofferenza,
gioia infinita.
I compagni, lasciati
sulla neve purpurea
non sentono i miei passi.
Passi lenti, pesanti,
avanzano a fatica
tra macchie grigioverdi,
immobili.
Povere macchie arrossate,
hanno finito di soffrire,
lacerate, assiderate, insanguinate,
lasciate sul terreno innevato,
inermi.
Non possono pensare,
non possono vedere,
non possono udire,
non possono parlare.
Sono i martiri
che si sono sacrificati
per spaccare l’ultima tenaglia che li assediava,
per aprire la strada alla salvezza, verso l’Italia
Renato Amedeo Buselli
Dal libro I Grandi Silenzi
…ieri la mia anima ti cercava. |
Oggi il sole è morto |
e c’è la pioggia nel mio cuore. |
Ieri la luna scioglieva cristalli |
nelle acque del fiume |
e dolce era il tuo viso. |
Oggi la notte è buia e triste |
e i miei occhi sono pieni di pianto. |
Ieri l’azzurro bruciava di luce il cielo. |
Oggi l’ombra delle nubi vaga sul bosco |
e il vento piange sulle cime il tuo ricordo… |
…il vento ci ha detto che si è perduto in |
terre lontane dove l’ avevano mandato |
a fare la guerra. |
Dentro la tasca della giubba, |
accanto alla fotografia della ragazza, |
gli hanno trovato |
due stelle alpine. |
Le teneva sempre con sé perché gli |
ricordavano le sue montagne… |
Nelson Cenci |
Odissea 1943
Indugiamo i passi ove la neve affonda. |
La fame e il freddo divorano sangue. |
Il vento scuote la vita |
nel rancore del tramonto |
Ai combattenti rimane impetuosa |
la voglia di gridare contro la distanza. |
La steppa non concede soste a coloro |
che vanno verso i cerchi di fuoco. |
I più forti sconosciuti eroi |
s’infuriano prima della notte |
bruciano la paura |
nel coro della battaglia: |
schiantano muri d’acciaio |
per conservare il nome di uomini vivi |
ove corre la morte guidata |
dai mezzi cingolati della vendetta. |
|
Sotto il peso degli eserciti gemono |
i ruscelli induriti del Don. |
dopo la tormenta |
il silenzio è sugli oppressi. |
I nitriti dei cavalli |
a quaranta sotto zero |
s’ingigantiscono fino a diventare |
orridi ululati. |
Franco La Guidara |
Russia
Difficile, sapete, è raccontare |
di così tanti Alpini che vanno a morire: |
poco più che ragazzi, nei loro occhi la vita |
che per stupidità viene loro scippata. |
Penne Nere d’Italia, la forza, il coraggio |
il ritorno “a baita” è solo un miraggio. |
Soltanto la follia di menti impazzite |
poteva spedirli in queste lande infinite. |
|||
Folate di vento, più affilate di lame, |
|||
|
Lui cieco ti fissa, ma forse ti sente, |
e tu lì sulla neve, che non puoi fare niente… |
Una colonna umana, come a scuola i |
Bambini, |
passo dopo passo se ne vanno gli Alpini |
e piantano pietosi dietro ad un’isba una |
croce, |
e tutt’intorno pregano, ma non s’ode una |
voce |
una vecchia in disparte osserva quel |
dramma: |
suoi son occhi di pianto, suoi son occhi di |
mamma. |
Sia vostra bandiera questo cappello, |
che vi accomuna tutti, da fratello a |
fratello. |
Vostra madre comune fu la sofferenza, |
sorella invece la morte, come estrema |
licenza. |
Ma cari Alpini, vorrei al fine sapere |
perché questo prezzo vi han fatto |
pagare, |
e perché mai, lo sa solo Iddio, |
per anni la Patria vi ha condannato |
all’oblio. |
Bruno De Marco |
Ad un amico lasciato sul Don
Non ti
ritrovai oltre il fiume di ghiaccio e di morte
quella notte di luna senza voce di vento
ma con il parlare sommesso tra gli aridi cespugli,
ad attendere ombre per un cammino di speranza.
Non ti vidi sulle piste segnate da croci,
nel furore d'armi e di grida
dove tempo non v'era per la pietà e il dolore.
Di questi lontani giorni perduta è in altri ogni memoria
e sepolte sono le remote ansie.
Ma in questo mutare di cieli io ascolto il buio
con stelle d'inverno a segnare le notti
e nei sogni dell'alba, in questi risvegli di sole,
dopo lunghi silenzi ora ti ritrovo
nel nostro verde vivere
con l' azzurro di giovani vite a salutare il giorno.
Non più mani di gelo, volti scavati di fame,
ed occhi perduti nel vuoto.
Non più scarponi di ghiaccio a trascinare
per strade di neve il grande desiderio di morte
con l'acuto ricordo di vite amiche perdute
a rattristare il cuore.
Ma sotto queste foglie d'autunno che coprono
nella scavata terra profumo di nuova erba e di fiori,
sempre viva è la memoria di Voi che abitate le notti.
Nelson Cenci
A noi
riman pregare!
(steppa russa - gennaio 1943)
Lontana
sacca, gelata e gemente,
che nel ricordo scompare e riappare:
rivedo armati in grigioverde, andare
tra sibili di piombo e di tormente.
Nemico e
Natura - forze alleate -
scatenarono mezzi ed elementi;
duro calvario delle nostre genti,
scarse di tutto ma tempre forgiate.
Sul
bianco tappeto passò la morte
tutt'arrossando la terra lontana,
ma la tenacia scardinò le porte.
L'alpino
passò, tornò al casolare,
e chi restò non ebbe morte vana,
per la Vittoria. A noi riman pregare!
Vittorio Zanotti
Nikolajewka
«La steppa era immensa, libera, senza fine né principio: erba, fiumi, girasoli, frumento, erba. Dov'era il nemico? Raffiche rabbiose di mitragliatrici tra le erbe secche, voragini di bombe nella terra nera e grassa, carri armati come fantasmi. Una notte mi persi tra erbe e stelle e inciampai all'alba nel corpo di un alpino con le scarpe al cielo. In settembre, con i resti della compagnia, rimasi isolato per giorni e giorni in un punto della terra con due inutili mitragliatrici. Si beveva l'acqua di una pozzanghera che poi, asciugata dal sole, mostrò i cadaveri dei nostri compagni».
Mario Rigoni Stern
“Anche a volerlo cancellare dalla nostra vita e annullarlo come non vissuto, quell’inverno del 1942-43 è presente e ti accompagna ora per ora, giorno per giorno, notte per notte e non ti lascia. Te lo trascini sulle spalle come allora la mitragliatrice, e dentro con l’affanno nel cuore come quando dovevi abbandonare sulla neve un compagno morente”.
MARIO RIGONI STERN, "Dalla Russia con orrore”, su “Epoca”, 18 gennaio 1992
“Ci hanno detto che fummo meravigliosi. Forse sarà vero ma una lunga strada è stata segnata: ossa, zaini, scarponi, armi e sangue. Ora su queste cose il vento dondola i grani.”
MARIO RIGONI STERN, su "Epoca", 28 giugno 1959 |
ALPINI IN RUSSIA
Sentimento alpino
Il colpo fu tremendo |
e la neve arrossò d'un sùbito. |
Non un grido, non un gemito; |
ma ombre cupe calaron |
sugli occhi morenti |
dell'alpino caduto. |
Le unghie mordevano |
straziate le fredda coltre |
nello spasmo crudele |
e un rantolo saliva |
lieve alle livide labbra. |
"Addio, baita mia lontana... |
addio, affetti e speranze... |
addio, gioia di vivere... |
addio, mie belle montagne..." |
Nel buio della Notte |
il Gelo - alleato della Morte |
sempre più si avvicinava |
la fine ineluttabile. |
Sulla landa sconfinata |
la lunga fila passava |
distrutta ma non vinta |
ai lati del morente. |
Un'ombra si fermò, |
chinandosi sull'alpino: |
una mano cercò un'altra |
ormai di ghiaccio |
e la strinse forte a sé, |
come a donare un alito |
tenue di accorato conforto. |
Intanto più sopra appariva, |
tra i rami ghiacciati |
delle argentee betulle, |
un raggio luminoso e sottile |
nel diafano cielo di cristallo |
e una gelida aurora |
di già testimoniava |
nuove scene di sangue e d'amore. |
Enzo Franzoni |
Tristezza
Sono tornato vivo e gioioso
ma mi assale la tristezza
al pensiero degli amici
lasciati sulla neve.
Neve bianca
arrossata di sangue,
…..gelida coltre
di corpi caduti.
Caduti innocenti
per un ideale assurdo
per una Patria inesistente.
Renato Amedeo Buselli
Non Potete Dimenticarci !
Il nostro capo disperato si leva |
nell'ultimo sforzo d'orgoglio! |
Noi giogaie, |
neve, deserto, reticolato. |
Noi cicatrici nascoste: |
medaglie di fuoco |
nella carne di questa terra. |
Non potete dimenticarci! |
Perchè non vedete le croci |
sulle nostre vene spezzate? |
I vostri occhi sono gli occhi vuoti dell'oblio. |
Non aspettate che il sangue |
conosca solo il bacio della morte |
e la terra nasconda |
la carne lacerata |
con le sue mani di fiore. |
Il nostro capo lacerato si leva |
nell'ultimo sforzo d'orgoglio! |
No, non potete dimenticarci! |
Questa nebbia ci oscura il cuore. |
Alpino Giuseppe Caprara |
GIRASOLE
Girasole |
fratello dell’olivo |
quante lampade gialle alle tue estati |
a perdita di vista! |
1313 al Val Piave, |
1150 i non tornati. |
E poi…crepiti secchi ai plumbei cieli |
Per campi senza fine. |
Su chi è tua terra |
nella tue notti |
battesimo infinito |
mille lacrime nere le corolle. |
E a chi severa bùria |
dal Don alla Kalitwa |
da krinitzskajia all’Oskol |
statua di ghiaccio della bianca pista. |
E a chi un’isba ha serbato |
all’esule preghiera |
della sola agonìa |
E a ch ferito e assiderato |
ha infranto entro la chiesa di Kurenji |
i muri del silenzio dissacrato. |
Mille goccie di buio |
sotto gli archi di stelle |
sopra la terra a dormire. |
Mille corde del canto i lunghi steli. |
Rocco Rocco |
Ufficiale medico in Russia del Gruppo Val Piave, |
Divisione Julia Decorato al valor Militare con tre croci |
di guerra al merito. |
Alpin de Giasso
Alpin ……
Alpin de giasso
saldo come ‘na piopa
sberlada dal tempasso,
Che stramba nina-nana
te canta la mitralia
ch’el so rosario sgrana,
….che stramba nina-nana .
La neve te querze
ma ti no’ te parli…
El sol te desquerze
ma ti no’ te parli…
Te vegno viçin,
te ciamo pianin,
……rispondeme Alpin….
Alpin…
Alpin de piera,
che frede le ‘to mane,
che bianca la to’çiera,
che belo el to’ soriso
negado dentro i oci
che speja el paradiso,
….che belo el to’ soriso.
La neve te imbianca
ma ti te gh’è sono,
el sol te rinfranca
ma ti te gh’è sono,
Te ciamo, te speto,
no’ farme dispeto,
…..vien via buteleto.
Alpin…
Alpin de giasso…
Coi oci spalancadi
e col fusil sul brasso!
Che bela nina-nana
te canta i angeleti
querzendote de mana.
...che bela nina-nana.
Mario Maimeri Reduce di Russia
Senzazioni
Nel vischioso fango dell’immensa steppa russa,
affondai le mie scarpe malamente chiodate,
il passo era malfermo ma gonfio di speranza
ed arrancai sulle scoscese balche con caparbia volontà.
Sentii il vento frusciare tra l’erba ingiallita,
lo sentii ululare tra le betulle argentate,
lo sentii palpare le mie carni tribolate.
Sulla candida neve della sconfinata pianura russa,
lasciai le impronte della mia povera ombra,
sentii il gelo tentare di rapire il mio corpo inerme
ma lo difesi con la forza della disperazione.
Renato Amedeo Buselli
Guardando l’infinito
…………..Guardando l’infinito,
ho visto meravigliosi cieli azzurri punteggiati da candide nuvole,
la negra terra del sacrificio degli Alpini sembrava tacere
e le immense distese di girasoli dorati,
davano sicurezza al mio fermo passo
Non c’era freddo, ma uno strano tepore.
Non si sentivano gli scoppi delle granate ed il crepitìo delle mitraglie.
Non si vedevano le migliaia di morti avvolti dal gelo crudele.
Non si sentivano le urla, le imprecazioni, i gemiti, le invocazioni.
C’era la pace, il silenzio assoluto nella ridente pianura russa.
Improvvisamente, chiudendo gli occhi, ho visto la tragedia infinita:
Ho visto gli Alpini che arrancavano sulle balche ghiacciate
Ho visto brandelli di carne che arrossavano la neve.
Ho visto atti di estremo sacrificio e sacro eroismo.
Ho sentito il furioso vento entrarmi nel corpo.
Ho pensato alla mesta disperazione delle povere mamme.
Ho pregato per tutti gli Eroi della steppa.
Renato Amedeo Buselli
Alpini
L’alba
illumina i monti,
la penna nera svetta dal cappello,
soldati, eroi, uomini,
per gli altri, sempre pronti.
Dalle sabbie del deserto, bagnate di lacrime,
al bianco della neve, macchiata di rosso.
Allungando il passo su silenziosi sentieri,
con scarponi e piccozza,
a vegliar su tutti, sempre pronti.
Il tramonto cala sui monti,
ora la penna nera giace, in attesa del nuovo giorno.
Amici, fratelli, alpini.
Enrico Neri
Gli Alpini
Gli Alpini sono un pezzo della nostra storia |
e della nostra leggenda: |
il Monte Nero, l’ Ortigara, |
la ritirata di Russia costituiscono |
un patrimonio comune, |
immagini di tragedia e di coraggio |
attraverso i quali si è compiuta una |
parte importante del destino nazionale. |
Ma quale è il segreto che spiega la |
compattezza delle <penne nere>, |
la loro determinazione fra i reticolati |
della prima guerra mondiale, la loro |
resistenza nelle steppe ghiacciate del Don? |
Gianni Oliva |
La sposa del Sonda
di Tolo Da Re
(In ricordo del commilitone Sonda e della sua sposa incontrata di sfuggita alla stazione).
In ogni so discorso |
gh’era sempre la so Maria, |
la so bona Maria, |
la so bela sposa Maria. |
Finalmente l’ho vista |
quando el treno che ne portava al fronte |
el s’à fermà a Bassan. |
L’era na pora, pìcola doneta |
con la pele strussìa dal sol dei campi, |
la facia storna |
infagotà de nero. |
La tegnea la so man ne la manona |
del Sonda : |
tuta ciapà de lu, |
tuta composta |
nel pudor de la gente de montagna. |
Ma i so oci i pianzeva |
Un pianto che mai feniva |
e’n antico dolor fendeva l’aria, |
e l’anima |
e le cose |
e quel momento. |
Ricordi di un vecchio Alpino
di Pieralba Merlo
Ormai le
rughe sulla mia faccia
sono come l’andare
dei sentieri sul monte.
Ho raccolto tutto nei miei occhi
come le pozze
di un antico ghiacciaio
e adesso ho il tempo
per sgranare i miei ricordi.
In un chiaro mattino
tante strade ho percorso
e dietro a ogni angolo
mi si svelava la vita.
Nello splendore del giorno
ho cercato la sua mano
e il mondo era tutto lì
nello sguardo del mio amore.
Ho valicato montagne
e disceso profonde valli
intorno a me i miei figli
i frutti della mia vendemmia.
Ho combattuto guardando
il mio avversario negli occhi
per avere la mia terra
e il rispetto della mia gente.
Nella quiete della sera
ho riposato sotto un grande albero
e le foglie mi sussurravano
di meraviglie ancora.
Ma ecco che già
sopraggiunge la notte
depongo il mio bicchiere
accanto ai miei ricordi
è tempo che io lasci
queste emozioni ad altri.
Vecchio Alpino
Seduto se ne sta
un vecchio alpino
chino sui ricordi
sfilati dal cappello.
Sfiora quella penna
con tremore stanco
e sugli annacquati occhi
un lacrimare lento.
Tende l’orecchio
al vento ormai straniero
gelido nel morso
ad artigliare il cuore.
Solo tormenti e pianti
ode il vecchio alpino:
amici mai traditi
che ancor gli tendono la mano
lassù sperduti
come piume al vento
le loro penne mozze
a perenne giuramento.
Aurora Cantini
Dal libro- Il segreto degli alpini- di Giulio Bedeschi
«Ecco il semplice, elementare segreto degli alpini:
Fiaccola alpina
Giulio Bedeschi |
Una Fiaccola
|
Dr. Rocco Rocco
La mantellina
Dal fondo di un magazzino di una vecchia caserma mi hai tirato fuori.
Ero consunta ed ammuffita.
Ogni giorno vi avevi lasciato una traccia.
Quanta storia abbiamo fatto insieme!
Quante volte ho coperto le tue spalle e tu mi accompagnavi per tutto il
cammino.
Non temere la pioggia che scorre, né il vento che soffia sul tuo viso, io
ti' proteggo.
Non aver paura del freddo delle lunghe notti d'inverno
quando intirizzisce le mani o congela i piedi,
sono io
il tuo calore.
Ti facevi fasce per chi era ferito o
"bianca
mantellina"
per la Penna mozza.
Mia cara mantellina, oggi ho ancora bisogno di te.
Sei la mia vecchia compagna. Anche se sporca e fuori moda,
ti voglio bene e ti voglio così.
??
Grigioverde
Vecia giacheta, messa in carbonina, |
perché le tarme no le te sassina, |
coi salamini poncià su le spaline, |
col te coleto sliso e le mostrine, |
anca se te si ormai meza sbindà,. |
credeme, no t'ò mai desmentegà. |
Mi t’ò portà lassù, sora quei monti |
che t’à sbregato via i primi ponti; |
po’ te si andà a l’assalto e quei strapassi |
i t’à ridoto proprio a pori passi, |
e infine semo andadi a l’ospedal |
insieme tuti e du, col nostro mal! |
Semo tornadi a casa ’na matina, |
ti tuta lustra e neta da benzina, |
e mi tirado a novo dai dotori, |
ma pronto a soportar tanti dolori. |
Da quel giorno s’avemo distacado, |
ti nel casson, mi sempre tribolado. |
Te tiro fora, giaca strassa e fiera, |
e in man me par d’ avergh ’na bandiera. |
Te me domandi de ifilarte su? |
Ma el <grigio verde> no ’l se usa più! |
E po’ ,vecia sbindada me giacheta, |
lo seto?... te saressi un poco streta! |
Resta dove te si, nel to casson: |
cambia la gente, cambia le passion, |
e col cambiar dei gusti el tempo passa |
E tuti i te considera ’na strassa… |
ma mi, no cambiarò mai de color, |
el <grigio verde>, mi ghe l’ò nel cor! |
Olindo Ermini |
Sentinela de note
La sentinela ga l’òcio del braco, |
el cor strucado come un pugno. |
Ogni ciaro: jè lori. |
Ogni ombra: jè lori. |
Ogni foia che casca: jè lori. |
Civete, cuchi e rossignoi, |
tegnì el beco serà! |
Lassè che resta vergine el silenzio: |
unico amigo de la sentinela. |
El lume de na stela l’è più caldo |
dei ricordi ingiassadi. |
Na gran taiola pronta a scatar |
tien tra i denti la note. |
La sentinela ga l’ocio che copa… |
Tolo Da Re |
Le manopole
*
Tormenta
de neve:
ombre che va...
qualcuno se incucia
va vanti piegà.
Na casa, na porta un poco sbacià;
picà sora un ciodo,
un ritrato in canton
de un toso, russo, vestio da soldà.
Davanti se trova na dona e un alpin
da le man tute rosse
dal fredo gelà.
I oci se incontra e senza parlare
la dona scompare de là de na porta.
La torna portando na pele cusia;
le man le se scalda.
Un abracio... el va via.
El fredo el pare spario
e dentro se sente tuto scaldà.
Sul peto qualcossa che slussega:
do lagrime solo, dal freddo giassà.
__________
*Nella "mostra" degli Alpini per il 30° della Battaglia di Nicolajewka ci sono due "manopole" con un biglietto di spiegazione: sono state offerte da una donna russa ad un Alpino italiano (Avv. Vittorio Trentini) e gli hanno salvato le mani dal congelamento.
Vittorio Trentini, Tenente, comandante in Russia della36^ Batteria del Gruppo Val Piave, della Divisione Julia. Poi Presidente sez. Bolognese Romagnola, e Presidente Nazionale ANA.
Il
Golico |
Fieste Alpine
Ogni çjâse une bandière, |
ogni puarte spalancàde. |
dute in flôr la primavere… |
son i Alpìns pal’adunàde |
Sòn chêi fîs di ogni montàgne |
che no mostrin mai magàgne |
e che doprin il lôr cûr |
madurît dal sanc plui pûr. |
Là che al rive il vêr Alpìn |
lé un valôr cence confìn |
e, ogni plume il pasepuart |
che lu rint simpri plui fuârt. |
Lé il lôr motto. “Sedi pront |
tal dà man pardùt il mont |
cence mai vantà pretése |
pal sudôr de lor çjamêse. |
T’une blançje gleseùte |
‘o ài viodût la Madonùte |
che à vulût pal sò Bambin |
la divise di un Alpìn. |
Pò gj à dìt: “Và jù cun lôr |
e ringraziu dal lavôr. |
puarte il bén cence fà fente |
tal judà là che al covente. |
Cu la plume sul çjapiél |
chel Bambìn… Mi pâr plui biél. |
Leandro di Barbora |
Si fa così…
A chi ci chiede: |
come fate voi Alpini, a mantenervi così uniti ? |
Che cosa offrite a questa gente che accorre |
a rimettersi in rango sotto la bandiera dell’ANA ? |
Noi rispondiamo: |
Come facciamo ? diciamo loro: |
Ohè fradel! (e quelli vengono). |
Che cosa offriamo? Quello che abbiamo |
sempre offerto a chi è venuto a vivere |
ed a morire con noi: nulla! |
Ma diamo loro la mano ruvidamente e diciamo: |
Stiamo insieme che stiamo bene fra noi! |
Ecco tutto. |
E non c’è trucco, signori. |
Ma c’è un perché che spiega tutto: |
Perché siamo Alpini! |
(da < L’Alpino>, gennaio 1923) |
Gli alpini
< Gli Alpini sono soldati un po’ strani – in |
qualunque tempo ed in qualunque circostanza – |
non hanno mai chiesto alla Patria cosa essa |
avrebbe dato loro in cambio di tanti sacrifici. |
Si sono sempre chiesti di che cosa |
la Patria avesse bisogno da loro. |
E faranno sempre così !>. |
Ugo Merlini |
Dal freddo pungente,
dal sole rovente,
un bel fiore
si difende e risplende.
Fiocco magico di neve
che non si scioglie,
magico e perenne.
Siberiano immacolato,
umile emigrato:
su montagne alte e belle,
fino a toccar le sorelle,
in cielo le stelle.
Vessillo dell’alpino,
degno diadema di una regina,
Edelweiss o Stella Alpina.
Siberiano immacolato,
nobile e altolocato,
su montagne alte e belle:
Edelweiss, Edelweiss, Edelweiss.
Filippo Crudele
Tanti fiori sui monti.
Esplodono miriadi di colori.
Piccoli, forti e vivaci,
ben radicati
tra ghiaioni e sassi.
Sono figli del freddo,
del sole e del vento;
lottano contro il tempo,
fioriscono
e danno sempre il meglio.
Filippo Crudele
Leggiadria di colori
Tutto un leggiadro quadro di colori |
Con i merletti d’ombre e sfumature |
Una fatata vision ch’eleva i cuori |
Tripudio di bellezze imperiture |
Spettacolo sfolgorante, troppo breve |
Brillano i raggi sulla bianca neve |
La Croda Bianca sale verso il cielo. |
Dante Virgilio tenendosi per mano |
La sposan al Cimon che pien di gelo |
Guarda l’ Antelao ergersi lontano. |
Degrada la Val l’Oten verso il Piave. |
Sale dal bosco un’ armonia soave |
Pallido appar eppur cosi possente |
Il Cridola mastio del castel turrito |
Di Talogna, che sal leggiadramente |
Colle sue guglie verso l’infinito. |
Scorre mormorando l’epica canzone |
Il fiume sacro all’italica legione. |
Adagiarsi nel colle superbamente |
L’antica Pieve, regina del Cadore |
Invitto baluardo all’irrompente |
Malvagità di ogni ciurmatore. |
Col. degli alpini - Ettore Luigi Campari |
La grande famiglia alpina:
una manciata di parole |
fanno presto a rotolare giù |
per la china dei ricordi |
imbrigliarsi nel cespuglioso presente |
innumerevoli cose |
innumerevoli fatti |
innumerevoli frasi dette sentite ripetute |
tanti volti appesi come quadri di santi |
al chiodo della memoria |
i volti dei veci |
che hanno insegnato a vivere e a morire |
i nostri veci |
che hanno dato grande senso umano |
alla vita |
senso umano |
che hanno usato e profuso ovunque |
con tanto entusiasmo |
fra le pieghe della memoria di loro |
fa capolino anche una scanzonata allegria |
scacciapensieri |
che aiutava a vivere |
allacciando e rarrivando simpatie |
facendo apprezzare in serenità |
la completa concezione della vita |
e fa tanto famiglia. |
italo quer |
La Baita degli Alpini
Sulla
brulla roccia ti ergi imponente,
nobile, austera, qual maniero antico,
tu, Baita degli alpini, volta all'oriente,
del popol tutto, dell' alpino amico.
Pietra su pietra, murate con sudore;
al fin sul culmine sventola il tricolore.
Dell'Idice la valle dominante
incontrastata bellezza d'Appennino,
tra i pini dall'odor fragrante
sei faro ch' indica il cammino.
Di tanti eroi ricordaci il calvario;
ci infonda mestizia il tuo Sacrario.
Onore e vanto a chi t' ha voluta,
la bravitù di chi t' ha costruita,
grati siamo a chi t'ha sostenuta
nell'affrontar l' opra tanto ardita.
Nei secoli vivrai imperitura,
legittimo orgoglio di ogni creatura.
Carlo Calzolari. (Mazzi) Monghidoro
Al cader della giornata
Al cader
della giornata
noi leviamo i cuori a te
tu lì avevi a noi donata
bene spesa fu per te.
Te nel bosco e nel ruscello
te nel monte
te nel mar
te nel cuore del fratello
te nel mio cercai d'amar.
I tuoi cieli sembran prati
e le stelle tanti fior,
son bivacchi dei beati
stretti in cerchio al loro Signor.
Quante stelle,quante stelle
dimmi tu la mia qual'è
non ambisco alla più bella
basta sia vicino a te.
La stella alpina
Stella alpina
soffice e candida
dalle rocce
contempli il mondo.
Quando è alto il sole
brilli come una stella.
Valentina Salvagni e Davide Simonini
Stella Alpina
Bianca e lieve Stella Alpina,
regina delle Alpi,
spunti tra le rocce.
In inverno
ti nascondi
tra la neve
bianca e soffice
che dal cielo
scende lieve.
A. Giannone, F. Beltramini e O.
Acrostico della stella alpina
Solitaria
Ti
Elevi
Lassù
Leggera
Anche
Alla
Luce
Puoi
Immaginare
Notti
Alpine
Valentina Salvagni e Davide Simonini
La tua Bandiera
Sono
la terra, i
monti, i mari, il cielo e tutte le bellezze della natura che ci circonda,
l'aria che respiri,
il sangue di chi è caduto nell'adempimento di un dovere o nel
raggiungimento di un ideale, per permetterti di vivere libero, la zolla
che ricopre i tuoi Morti,
la Fede, l' amore, il vibrante entusiasmo dei tuoi avi,
la fatica, l'affanno, la gioia di chi studia e di chi produce con la mente
e col braccio,
il dolore, il sudore e la struggente nostalgia degli emigranti,
la tua famiglia, la tua casa ed i tuoi affetti più cari,
la speranza, la vita dei tuoi figli
SONO LA TUA BANDIERA, L'ITALIA, LA TUA PATRIA
Ricordati di me, onorami, rispettami e difendimi Ricordati che al di sopra di ogni ideologia mi avrai sempre unico simbolo di concordia e di fratellanza, tra gli italiani Ricordati che finchè apparirò libera nelle tue strade tu sarai libero Fammi sventolare alle tue finestre, mostra a tutti che tu sei ITALIANO.
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© Gilberto Tedeschi – Monghidoro